Il lutto nazionale per la caduta del governo Draghi sembra iniziare a scemare. Ma sono ancora tantissime le vedove inconsolabili per la perdita del “governo dei migliori”, una definizione tanto arbitraria quanto slegata dalla realtà. Perché se sono indubbie le competenze del premier nelle questioni economiche, i dati ci dicono che alcune previsioni dell’esecutivo in carica per gli affari correnti si siano rivelate del tutto sbagliate. Avete presente l’imposta sui cosiddetti “extra-profitti” delle aziende legate al comparto dell’energia? Roba che se l’avesse studiata qualsiasi altra personalità, sarebbe stata tacciata di “populismo” e demagogia.

Si tratta di un’imposta che va ad aggiungersi a quella ordinaria per tassare gli utili realizzati dalle società dell’energia in conseguenza dell’aumento delle quotazioni di petrolio e gas.

I calcoli sballati di Draghi

Tutte le società importatrici, produttrici e distributrici sono state soggette già per il periodo ottobre 2021/marzo 2022 a una sovra-imposta del 10%. Essa è stata calcolata sul maggiore fatturato rispetto allo stesso periodo dell’esercizio precedente. L’aliquota è stata innalzata al 25% con il decreto Aiuti. Secondo il governo Draghi, gli extra-profitti nell’intero anno sarebbero stati nell’ordine dei 40 miliardi di euro, per cui il gettito della stangata era stato previsto a 10,5 miliardi.

Il 40% di questa sovra-imposta andava pagato entro il 30 giugno, il restante 60% entro novembre prossimo. Ma c’è stata una sorpresa a dir poco umiliante per l’ex governatore della BCE: gli extra-profitti dichiarati ammontano a poche centinaia di milioni di euro. Tant’è che adesso lo stesso governo Draghi ha rivisto al ribasso le stime ad appena 1,23 miliardi. Quasi dieci volte in meno delle previsioni precedenti. Uno sfondone, come si direbbe a scuola.

Tassa sugli extra-profitti, “buco” da 9 miliardi

Capita anche ai migliori di sbagliare a fare i calcoli. Certo c’è che qui la differenza, sempre ammesso che saranno effettivamente raccolti 1,23 miliardi, ammonta a oltre 9 miliardi.

Denaro che sarebbe servito a coprire gli interventi del governo a sostegno delle famiglie contro il carovita. Anziché i 17 miliardi di euro stanziati con il decreto Aiuti-bis tra taglio di bollette e accise e altre misure, si sarebbe potuti arrivare a 26 miliardi. Teniamolo in mente quando il prossimo governo erediterà possibilmente conti pubblici peggiori delle attese. Il premier si è difeso giovedì scorso, lamentando durante la conferenza stampa successiva al varo del decreto Aiuti-bis una elevata elusione da parte delle aziende destinatarie.

Ma era stato lo stesso Ufficio di bilancio del Parlamento a dubitare dell’extra-gettito previsto dal governo Draghi. Peraltro, le società più colpite dalla stangata sugli extra-profitti avevano stimato costi molto più modesti a loro carico. Per ENI ammonterebbero a 550 milioni, per ENI a 100 e per Edison a 78 milioni. Sembra difficile, quindi, che si arrivi anche solo a 1 miliardo, trattandosi delle principali società oggetto dell’imposta. Il “buco” di bilancio ammonterebbe a qualcosa come mezzo punto percentuale. Un’eredità pesante che il governo dei migliori lascerà a chi verrà dopo.

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