Lo spettro recessione in Germania si fa ogni giorni più concreto. Ieri, il dato sul PMI manifatturiero a maggio è risultato ancora una volta in calo e sotto le attese. Il PIL si è contratto nel primo trimestre su base annua, mentre l’inflazione stenta a diminuire. Il cancelliere Olaf Scholz si ritrova, poi, a guidare il governo federale più eterogeneo dal 1949. Composto da tre partiti – un inedito dalla Seconda Guerra Mondiale – versa in forte crisi di consensi e litiga anche per questo quotidianamente su tutto.

L’ultima occasione è la prossima legge di Bilancio. Il ministro delle Finanze, Christian Lindner, a capo dei liberali dell’FDP, proporrebbe tagli alla spesa pubblica per quasi 20 miliardi di euro. Le spese dei ministeri sarebbero ridotte del 2-3%, ad eccezione della Difesa che dovrà crescere per tendere al 2% minimo fissato dal target NATO.

Partiti tedeschi al governo in calo di consensi

I Verdi non la stanno prendendo bene. Il loro leader Robert Habeck, che è anche ministro dell’Economia e per il Clima, oltre che vice-cancelliere, preferirebbe aumenti delle tasse a carico dei redditi più alti. Un possibile compromesso avanzato sarebbe di ridurre le spese che avrebbero un impatto negativo sull’ambiente, come i sussidi per il diesel. Lindner cerca di tenere il punto. Il suo è un partito in forte calo nei sondaggi. Nel settembre del 2021 ottenne l’11,5%, mentre adesso è accreditato dell’8,5%. Va peggio al Partito Socialdemocratico (SPD) di Scholz, crollato al 20,5% contro il 25,7% di neppure due anni fa. Gli stessi Verdi sarebbero scesi di quasi un punto percentuale al 14%.

Se oggi si tornasse a votare per il Bundestag, i tre partiti al governo riceverebbero nel complesso il 43% dei consensi, insufficienti per comporre una nuova maggioranza. Ebbero il 52% alle ultime elezioni. Invece, l’Unione Cristiano-Democratica (CDU) e Alternativa per la Germania (AfD) insieme prenderebbero il 44-45%. Questi ultimi sono dati al 17%, arrivando terzi dietro ai due schieramenti storici e al massimo storico.

Si tratta di un partito della destra euro-scettica, tacciato di razzismo e simpatie per il nazismo dagli avversari. Esclusa ogni possibile coalizione con la CDU, resterebbe un grosso problema per la politica tedesca.

Il fatto è che l’economia in Germania arranca e il governo federale è costretto ad inseguire le politiche ideologiche dei Verdi, tra cui spicca il divieto dall’anno prossimo di installare caldaie a gas e gasolio nelle case. Nel bel mezzo della crisi energetica, Berlino ha dovuto chiudere anche le ultime centrali nucleari. Al contempo, per attutire l’impatto del caro bollette ha dovuto riaprire una decina di centrali a carbone. Follie ecologiste, che non sono passati inosservate ai tedeschi, i quali hanno punito proprio i Verdi elezioni nel Land di Brema di domenica 14 maggio. Scesi sotto il 12% dal 17,4% del 2019, i loro voti sono andati tutti all’SPD. In calo anche i liberali, che sono rimasti sopra la soglia di sbarramento per un soffio.

Germania verso tagli alla spesa pubblica per 20 miliardi con boom spesa interessi

Il vero problema della Germania è che moltissimo tempo non riesce più ad avere una politica coerente. I partiti sono costretti ad ogni tornata elettorale ad allearsi con gli avversari per formare governi di Grosse Koalition. Sulla base dei sondaggi avverrebbe anche la prossima volta e, soprattutto, sarebbero necessari sempre tre partiti per mettere su una maggioranza al Bundestag. Se è vero che i tedeschi sono molto più inclini alla mediazione e vivono con minore frustrazione dell’Italia questa condizione, d’altra parte emerge una debolezza di fondo nella leadership continentale. Berlino non garantisce un indirizzo certo al resto d’Europa. Lo abbiamo visto nella fase drammatica della crisi dei debiti sovrani, con i salvataggi della Grecia e, più di recente, con la lotta alla pandemia e la stessa guerra russo-ucraina.

Le istanze dei tre partiti al governo sono per certi versi antitetiche tra loro: rigore fiscale per l’FDP, lotta ai cambiamenti climatici per i Verdi e maggiori investimenti pubblici per l’SPD. D’anno prossimo torna in vigore il Schuldenmbremse, la regola costituzionale che limita il deficit allo 0,35% del PIL e sospesa con la pandemia. E non sarà facilissimo come negli anni pre-Covid tenervi fede. La spesa per interessi è schizzata dagli appena 4 miliardi di euro del 2021 ai 40 miliardi attesi per quest’anno. Siamo ancora attorno all’1% del PIL, quando in Italia è attesa al 3,7%, pur in calo dal 4,3% del 2022. In sostanza, fare austerità fiscale è diventato più difficile persino per la Germania, specie con un governo litigioso e con obiettivi non immediatamente comprensibili. Ciascuno dei tre partiti vorrà piantare la propria bandierina per non accusare ulteriori fughe di consensi. Il guaio è che ha un costo (non solo) politico a carico degli altri due alleati.

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