Una rondine non fa primavera, ma ormai siamo in presenza di stormi tutti nella stessa direzione. La scorsa settimana, gli indici PMI manifatturiero, dei servizi e composito in Germania sono scesi tutti sotto i 50 punti, segnalando la recessione delle attività nell’economia tedesca. La manifattura ha segnato il punto più basso da 25 mesi, cioè dai primi mesi della pandemia. E lunedì è arrivata la conferma dell’IFO, una sorta di sondaggio condotto tra 9.000 aziende tedesche, solitamente molto accurato nel delineare la congiuntura in corso e prossima della Germania.

L’indice è sceso a 88,6 punti dai 92,2 di giugno, anche in questo caso ai minimi da due anni.

Recessione Germania, BCE pronta ad accettarla

La fiducia tra gli imprenditori tedeschi sta scemando sempre più sulla crisi energetica in corso, che qui è ancora più dura e scioccante rispetto al resto d’Europa. La Germania da decenni cresce grazie alle importazioni di gas e petrolio dalla Russia a basso costo. La necessità di allentarne la dipendenza sta costringendo il governo Scholz a rimpiazzare le materie prime con quelle esportate da altri fornitori, tra cui il Qatar. Ma la transizione si sta rivelando costosa. I prezzi del gas sono alle stelle e dopo l’estate Berlino non esclude di razionarne i consumi. A farne le spese sarebbero necessariamente le attività produttive in ossequio al “primum vivere deinde philosophari”. In un paese freddo il primo obiettivo durante l’inverno consiste nel garantire il riscaldamento a tutte le case. Con buona pace dell’economia, che se la vedrà brutta.

La BCE, reduce da un aumento dei tassi dello 0,50%, dovrebbe bissare a settembre. L’entità della stretta, però, dipenderà dalla congiuntura economica. E il governatore austriaco Robert Holzmann ha dichiarato che Francoforte accetterà anche l’ipotesi di “una recessione moderata” per battere l’inflazione, salita mediamente nell’Eurozona all’8,6% a luglio.

Ovviamente, ha aggiunto, “si augura che non ve ne sarà bisogno”.

La recessione in Germania sembra già in corso, in Italia probabilmente arriverà in autunno. La nostra economia resta sostenuta in questa fase dal boom del turismo. La novità è che la BCE, quindi, non solo non avrebbe paura di tale scenario, ma anzi lo avverte in cuor suo come necessario per non rischiare un’inflazione fuori controllo. Solo la recessione economica avrebbe la forza immediata di far ripiegare i prezzi delle materie prime, i quali già da qualche settimana indietreggiano proprio in previsione di una crisi globale.

La crisi serve per battere la Russia

Peraltro, la recessione porterebbe con sé un altro effetto collaterale gradito alle cancellerie occidentali: ridurrebbe le entrate di petrolio e gas alla Russia. L’enorme avanzo corrente registrato da Mosca nel primo semestre dell’anno ha consentito all’economia russa di reggere all’onda d’urto delle sanzioni e, soprattutto, di finanziare l’impresa bellica in Ucraina. Ma se le materie prime si deprezzassero, il rublo tornerebbe a indebolirsi e il flusso di euro e dollari verso la Russia si prosciugherebbe. Il presidente Vladimir Putin non disporrebbe più di tutto quel tempo per portare avanti la guerra. Almeno è quanto si spera.

Per il momento, la minaccia di uno stop alle forniture di gas pesa sulle aspettative d’inflazione e sull’ottimismo delle imprese riguardo ai prossimi mesi. La recessione in Europa si avvicina e ancora non ci sono segnali di rallentamento dell’inflazione. La BCE dovrà continuare la stretta, pur accettando che l’economia nell’area ripieghi.

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