Ancora un altro brutto dato macroeconomico per la Germania. La produzione industriale è scesa nel mese di marzo del 3,4%, molto più del -1,3% atteso dagli analisti. Segue il +2,1% di febbraio. La produzione di veicoli e parti di essi è crollata del 6,5% dopo avere segnato un +6,9% nel mese di febbraio. Pochi giorni fa, la doccia fredda era arrivata dagli ordini industriali: -10,7% a marzo dopo il +4,5% a febbraio. Anche in quel caso a “tradire” l’economia tedesca è stato l’automotive, che ha accusato un crollo del 12,2%.

Comprendendo anche navi, treni, aerei e veicoli aerospaziali, la contrazione è stata del 47,4%.

E in aprile l’indice manifatturiero è sceso a 44,5 punti. Sta sotto la soglia di 50, che segnala la demarcazione tra crescita e contrazione dell’attività, sin dal mese di luglio dello scorso anno. Più positivo il dato sui servizi, in ripresa a 56 punti dai 53,7 di marzo. E sempre in Germania a deludere di recente c’è stato anche il PIL. Nel primo trimestre del 2023 è rimasto invariato rispetto ai tre mesi precedenti, quando era sceso dello 0,5%. Su base annua, ha segnato un -0,1% seguito al +1,8% del precedente trimestre.

A titolo di confronto, l’Italia ha registrato una crescita del PIL dello 0,5% trimestrale e dell’1,8% annuo. E sebbene anche da noi il manifatturiero ad aprile sia crollato a 46,8 punti, nei tre mesi precedenti era stato sopra la soglia dei 50 punti. E i servizi sono saliti nel frattempo a 57,6 punti. In pratica, la Germania è diventata l’unica grande economia europea a rischio recessione. Se vogliamo, è da tutta la pandemia che segnala un andamento poco vigoroso. E’ vero che avesse accusato un crollo del PIL molto inferiore alle altre grandi economie – del 3,7% contro il 9% in Italia e del 7,8% in Francia – ma anche tenendo in conto questi dati la performance del triennio è risultata poco brillante.

Germania torna malato d’Europa?

La guerra, tuttavia, ha inferto un colpo durissimo alla Germania.

La “locomotiva d’Europa” produceva a basso costo grazie al gas russo ed esportava nel resto del mondo. Il meccanismo si è inceppato. Anzitutto, perché già con la pandemia le filiere produttive erano risultate eccessivamente lunghe con dislocazioni di molti stabilimenti a decine di migliaia di chilometri dai mercati di sbocco principali. E adesso che l’energia non è più così a buon mercato, la competitività tedesca sta scemando. Tra le altre cose, la Germania era andata avanti nei quindici anni passati per inerzia. Il lungo cancellierato di Angela Merkel è stato privo di riforme economiche di alcun tipo. Poiché l’economia andava bene, nulla era stato messo in discussione secondo il principio sportivo del “squadra che vince non si cambia”.

In realtà, la Germania non aveva brillato neppure prima del Covid. Semplicemente, faceva meglio di quasi tutte le altre, le quali facevano male o poco bene. Come prendere la sufficienza in una classe di asini. Passi per studente diligente, ma se poi ti spostano in una classe di veri “geni”, sfiguri all’istante. Sembra essere tornati a una ventina di anni fa. Molti di voi ricorderanno quando la Germania veniva considerata “il malato d’Europa“. Germania, non Italia. Non che noi facessimo bene, tutt’altro. Solo che la prima economia dell’Eurozona era in panne. Non cresceva, anzi a tratti andava in recessione. Dopo la riunificazione non aveva trovato ancora una sua dimensione internazionale.

Recessione spettro su partner, Commissione e BCE

Da quella fase negativa la Germania uscì con qualche riforma, tra cui spicca l’Hartz IV. Si trattò di una riduzione dei sussidi associata a una maggiore flessibilità del mercato del lavoro, che costarono all’allora cancelliere socialdemocratico Gerhard Schroeder la guida del governo e al suo partito ben quattro elezioni federali di fila.

Olaf Scholz si trova in una condizione politica peggiore di allora. Guida un governo eterogeneo, composto da tre partiti che tra di loro non si sopportano nemmeno: i socialdemocratici dell’SPD, i Verdi e i liberali dell’FDP. Riforme sono poco probabili con questa cancelleria. In realtà, manca anche una visione unitaria di cosa fare della Germania dopo pandemia e guerra.

Lo spettro della recessione in Germania aleggia sui partner e le stesse istituzioni dell’Unione Europea. L’Italia ha esportato verso il suolo tedesco quasi 87 miliardi di dollari di merci nel 2022, importandone per circa 92 miliardi. Buona parte della nostra crescita – ma il discorso vale anche per le altre principali economie europee – dipende dalla congiuntura in Germania. E proprio l’automotive rappresenta il motore del nostro export verso Berlino. D’altra parte, la Commissione europea avrà più di un problema a riattivare il Patto di stabilità proprio mentre l’economia tedesca entrasse in recessione. E la Banca Centrale Europea potrà continuare ad alzare i tassi d’interesse a cuor leggero?

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