Il premier Paolo Gentiloni incontra oggi il presidente Donald Trump alla Casa Bianca in quello che sarà il primo vertice tra i due, quando manca poco più di un mese al G7 di Taormina, in cui il primo farà gli onori di casa ai sei leader delle altrettante maggiori potenze economiche mondiali. Un’occasione per fare il punto dei rapporti tra Italia e USA, che non sono partiti alla grande con la nuova amministrazione, complice l’endorsement incauto del predecessore Matteo Renzi in favore dell’allora candidata alla presidenza Hillary Clinton, che avrebbe non poco irritato il tycoon.

Ma questa appare oggi preistoria, perché a contare saranno le convenienze reciproche, a partire dai temi economici e geo-politici. C’è un punto di possibile accordo comune tra i due, ovvero la stabilità nel Medio Oriente e nel Nord Africa. In particolare, il premier italiano ha tutta la convenienza a ché si stabilizzi la situazione in Libia, dopo quasi 6 anni di lotte intestine, scatenate dalla sciagurata campagna anti-Gheddafi di Barack Obama e dell’allora presidente francese Nicolas Sarkozy. (Leggi anche: Europa a due velocità: spiegate a Gentiloni che non saremo in prima classe)

Serve una Libia stabile e sicura

Del ripristino dell’ordine in Libia, Trump ne ha fatto un tema della sua campagna elettorale, specie cavalcando l’uccisione per mani jihadiste dell’ambasciatore americano nel 2012, accusando la Clinton, allora segretario di Stato USA, di essere responsabile morale e politico di quell’omicidio.

La fragilità del governo di Tripoli preoccupa Roma, perché complica i piani per tamponare l’emergenza immigrazione clandestina. A Trump, Gentiloni potrebbe chiedere un impegno più risoluto per stabilizzare il paese, oltre che di affrontare il caso Siria con il piglio decisionista mostrato con l’attacco missilistico di due settimane fa contro il regime di Bashar al-Assad. Per contro, il presidente USA potrebbe ribadire la richiesta all’Italia, in qualità di membro della NATO di aumentare le spese militari al target fissato del 2% del pil, cosa che implicherebbe maggiori oneri per il nostro bilancio statale di circa 15 miliardi all’anno, non sostenibili allo stato attuale.

(Leggi anche: Raid USA in Libia, Italia beffata due volte)

Russia e Siria uniscono Trump e Gentiloni

Sulla Siria, le posizioni di Trump e quelle del governo italiano appaiono quasi sovrapponibili: l’Italia vuole sopra ogni cosa che sia sconfitto l’ISIS, mentre non appare così contraria a prescindere alla permanenza di Assad al potere, non fosse altro per la necessità che a Damasco vi sia un governo solido. In teoria, nemmeno Trump ambisce a ogni costo a rimuovere Assad, contrariamente alla precedente amministrazione, che ha oscillato tra lotta al terrorismo islamico e posizioni contro il regime siriano.

Un altro punto di incontro potrebbe riguardare i rapporti con la Russia. L’Italia ha votato tutte le sanzioni UE contro Mosca, ma mai con convinzione. Il Cremlino ha relazioni positive con Roma da molti anni, coltivate, in particolare, quando a Palazzo Chigi c’era Silvio Berlusconi sin dal 2001. Vladimir Putin non è percepito come un nemico nemmeno dall’attuale premier, che vorrebbe che le sanzioni cessassero quanto prima. La posizione della Casa Bianca sul tema è delicata: in cuor suo, Trump le avrebbe eliminate il giorno stesso del suo insediamento alla presidenza e avrebbe persino fatto partecipare Putin al G7 di Taormina, ma ha contro praticamente il grosso del suo stesso partito. (Leggi anche: Sanzioni Russia estese dalle UE di 6 mesi)

I dazi di Trump fanno paura all’Italia

Tra Trump e Gentiloni, però, ci saranno anche divergenze. Una riguarda senza dubbio le politiche commerciali. Il premier ha già dichiarato nelle settimane scorse l’intenzione di far approvare al G7 una risoluzione in favore del libero commercio, quasi sfidando il presidente americano, che punta a una messa in discussione di tutti i grandi trattati commerciali.

Le differenze sono tutt’altro che ideologiche, ma di interessi. L’Italia ha registrato nel 2016 un surplus commerciale con gli USA di 28 miliardi di dollari, la metà del totale.

Qualche settimana fa ha fatto scalpore la pubblicazione di una lista di un centinaio di prodotti UE, tra cui la Vespa Piaggio, su cui il governo americano potrebbe imporre pesanti dazi, quale ritorsione contro Bruxelles, rea di non consentire importazioni in Europa di carne made in USA. In verità, la lista non era una novità, bensì un aggiornamento di un elenco stilato sin dal 1999, ma ha ugualmente acceso i riflettori sui rischi corsi dalla nostra economia, che esporta beni e servizi per quasi il 30% del proprio pil e con risultati molto positivi proprio in America. (Leggi anche: Economia USA grande di nuovo? Non con i dazi)

Le esportazioni tedesche impensieriscono USA e Italia

Infine, l’attacco di Trump alla UE, pur non reiterato negli ultimi tempi, nonché il suo sostegno alle formazioni euro-scettiche, non potranno essere condivise da Gentiloni, che in casa deve affrontare l’avanzata di Movimento 5 Stelle e Lega Nord, partiti che vedono di buon occhio l’attuale inquilino alla Casa Bianca, mentre guardano con assoluta ostilità Bruxelles. In particolare, la richiesta di Trump di un euro più forte non potrà che essere percepita come un rischio per l’economia italiana, tra le meno competitive dell’Eurozona con un cambio rafforzato.

Tuttavia, anche sull’Europa potrebbe registrarsi un’inattesa convergenza tra Gentiloni e Trump, ovvero con riguardo alla necessità di tagliare il surplus commerciale tedesco. Non certo agendo sul cambio, per quanto appena scritto, ma attraverso una politica fiscale meno rigida, che passando per un aumento degli investimenti pubblici tedeschi, stimolerebbe (almeno, nelle speranze del resto dell’area) la ripresa nell’Eurozona.

(Leggi anche: Trump contro euro debole della Germania)

In generale, per questioni anche formali, prevarranno pubblicamente le convergenze più che le divisioni tra i due leader. D’altronde, Gentiloni non è Angela Merkel, non ha dietro di sé un paese unito, né una maggioranza parlamentare forte e con idee chiare sui suoi rapporti con gli USA e la stessa UE. Non potrebbe intestarsi alcuna battaglia con reali chance di portarla avanti. Accontentiamoci di una stretta di mano (quella negata a Frau Merkel?) e di buoni propositi esternati in conferenza stampa.