La scorsa edizione, la 70-esima nella storia del Festival di Sanremo, è stata un tripudio di ascolti. Condotta da Amadeus, ha registrato una share medio del 55% e l’ultima serata, la più lunga di sempre, ha segnato ascolti medi per oltre il 60%. Antonio Marano, presidente di Rai Pubblicità fino a poche settimane fa, poteva sfoggiare un sorriso a 32 denti nel comunicare i dati sulla raccolta pubblicitaria. La kermesse canora ha consentito alla TV di stato di incassare 37,4 milioni di euro, 6,1 in più dell’anno precedente, a fronte di costi fermi sui 18 milioni.

Questo significa che la manifestazione in sé ha chiuso con un bilancio positivo per quasi 20 milioni come minimo.

Alla cifra, in realtà, andrebbero sommati gli incassi al botteghino. E non sarebbero secondari, se è vero che un posto in platea arriverebbero quest’anno a 660 euro e in galleria a 320 euro per la serata finale. E parliamo di 1.900 posti in tutto a disposizione. Con la formula dell’abbonamento, in galleria costa 672 euro e in platea 1.290 euro. Ad occhio e croce, parliamo di almeno un paio di milioni di euro per le cinque serate.

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Ma questo non è un anno come gli altri. Il Covid-19 sta minacciando seriamente la 71-esima edizione. Le disposizioni anti-Covid impediscono all’Ariston di ospitare il pubblico. E il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, così come quello alla Salute, Roberto Speranza, sul punto appaiono inflessibili: l’Ariston è un teatro e come tutti gli altri teatri resta chiuso per le restrizioni contro la pandemia. Il tema è ambiguo e scottante allo stesso tempo. Ci sono già svariate trasmissioni televisive che si tengono con il pubblico in studio. Un esempio è X Factor, ma anche il Grande Fratello. E così, la Rai vorrebbe che il Teatro Ariston venisse considerato per quello che realmente è nei giorni del festival, vale a dire uno studio televisivo.

Ed entrerebbero non più di 4-500 persone per ciascuna serata, per cui il distanziamento in sala sarebbe garantito.

Pubblico di figuranti o festival cancellato?

Quando manca poco più di un mese alla manifestazione, che dovrebbe tenersi da martedì 2 al sabato 6 marzo, Amadeus minaccia di gettare la spugna. Il popolare conduttore vuole avere certezze su come verrebbe celebrata la kermesse, perché non se la sente (e ha ragione) a gestire una manifestazione in condizioni tali da rischiare il flop di ascolti e di immagine. Certo, in tempi di stadi chiusi, sembra davvero anomalo che si dibatta da settimane sul se e come tenere la 71-esima edizione del Festival di Sanremo. Tra le ipotesi dei dirigenti Rai, un po’ disperate a dire il vero, vi sarebbe quella di assoldare 400 persone da isolare per qualche settimana su una nave da crociera sulla Costa Smeralda, in modo da avere certezza sulla loro negatività al Covid.

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La compagnia che dovrebbe ospitare il pubblico, tuttavia, ha già fatto presente che nel caso non sarebbe disponibile ad accettare un rinvio della manifestazione a maggio – come da altra ipotesi che circola in questi giorni – perché spera per allora di tornare a navigare. E allora, l’alternativa meno grottesca e più facile da implementare sarebbe di far entrare fino a 500 figuranti, tutte coppie, così che almeno ci si possa sedere vicini a due a due. Il problema è semplice: senza pubblico, Sanremo non è Sanremo. I telespettatori noterebbero subito l’assenza del clima festaiolo che circonda il festival e cambierebbero canale. E i pubblicitari non sarebbero verosimilmente più disposti a pagare gli spot per la cifra già concordata. Bene che vada, a pagarne le conseguenze sarebbero gli incassi per il prossimo anno, visto che gli slot vengono prezzati sulla base degli ascolti dell’edizione precedente.

Potenzialmente, quindi, quest’anno la raccolta sarebbe superiore a quella del 2020.

Per i bilanci Rai, la questione non è secondaria. Senza neppure considerare le altre trasmissioni che gravitano attorno al festival tra critica musicale e gossip, i 5 giorni della kermesse incidono per quasi il 7% dell’intera raccolta pubblicitaria annuale (540 milioni) e per oltre l’8% di quella realizzata nei primi 3 canali Rai. Considerate che il 2019 si è chiuso con un bilancio consolidato nel complesso in pareggio, ma grazie a Rai Cinema, Rai Way, Rai Com e Rai Pubblicità, mentre Rai spa, cioè la società principale, ha esitato una perdita di 35 milioni. Quell’utile di 20 milioni serve a tenere a galla l’intero bilancio ed equivale allo 0,8% dei ricavi complessivi, canone incluso. Cinque serate di festival portano incassi pubblicitari quanto 25 intere giornate medie nel corso dell’anno solare. Troppo per rassegnarsi a una cancellazione.

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