Mentre ci si arrovella la mente se si stesse meglio con la lira o se l’euro ci abbia rovinato, in pochi ricordano a sé stessi che quale che sia la soluzione preferita, l’alternativa non può presentarsi come tra riforme, regole e ordine e l’andazzo di sempre. Se qualcuno s’illude che il ritorno alla lira significhi stampare moneta per non fare nessuna riforma e mantenere in vita la peggiore classe dirigente (politica, pseudo-imprenditoriale, universitaria, della PA) di tutto l’Occidente si sbaglia di molto grosso.

Gli euro-scettici hanno ragione da vendere quando affermano che l’euro sia un freno alla nostra crescita, perché di fatto sin dal 1999 stiamo adottando in Italia una moneta sopravvalutata rispetto ai nostri fondamentali, che danneggia il nostro export, ma senza che questi fattori negativi siano frenati nel tempo e annullati dai meccanismi automatici di riequilibrio che ci sarebbero con una moneta sovrana e libera di oscillare sui mercati del cambio.

 

I limiti degli euro-scettici

Ma gli euro-scettici aggiungono a questa argomentazione serissima che se avessimo la sovranità monetaria, potremmo stampare lire a go-go, risolvendo così i nostri problemi. Un ritorno ai mitici anni Ottanta, quando il mix micidiale tra spesa pubblica e inflazione a due cifre ci ridusse all’Italietta che fummo e al nulla che siamo.

Non si è mai visto un paese risollevarsi da una catastrofe economica, qual’è quella in cui siamo piombati da un ventennio, aumentando l’inflazione e propugnando l’irresponsabilità fiscale e monetaria quale fondamento della politica economica. Senza scomodare la Repubblica di Weimar del ’23, in questi anni, ci sta provando l’Argentina della presidenta Cristina Kirchner e i risultati li conosciamo tutti.

Altra cosa sarebbe se un gruppo politico o di accademici o un misto tra questi, come l’AfD tedesca, propugnasse un ritorno alla lira, ma non per piombare nel cupo passato della spesa allegra, dell’inflazione fuori controllo e delle svalutazioni competitive, bensì per riappropriarci di una moneta in linea con i nostri fondamentali, ma gestita sostanzialmente dalla Banca d’Italia, così come la BCE gestisce oggi l’euro: niente interventi svalutativi, rigido controllo della base monetaria e nessuna monetizzazione del debito sovrano.

Possiamo pensare davvero che i problemi dell’Italia siano i limiti al deficit pubblico, quando già lo stato spende la metà del pil e il nostro debito pubblico è al 133% del pil? Dovremmo per caso incoraggiare il governo ad aumentare la spesa pubblica, salvo poi dovere invocare il disordine monetario o più tasse future (e la pressione fiscale è già al suo massimo storico) per smaltire il maggiore debito?

 

Fare le riforme economiche in Italia

Il male italiano non è solo la crisi delle esportazioni, perché un’economia si regge anche sui consumi interni. E anche quelli vanno male, per quanto l’euro abbia assicurato una certa stabilità del potere di acquisto dei redditi. L’Italia ha un mercato del lavoro rigido, un sistema economico corporativo e poco aperto al mercato, una tassazione stellare che mette in fuga i capitali, così come la burocrazia. Per non parlare delle carenze della giustizia, della PA, dell’assenza di regole certe e dell’illegalità diffusa. Prima di interrogarci grottescamente se sia meglio l’euro o la lira, bisognerebbe fare quelle riforme scansate da destra e sinistra da venti anni.