L’economia in Australia è in forma smagliante. Dopo essere cresciuta del 5% l’anno scorso, quest’anno potrebbe segnare un altro aumento del PIL attorno al 4%. Il tasso di disoccupazione è sceso al 4% e l’inflazione nel quarto trimestre dello scorso anno era ancora al 3,5%. La pubblicazione relativa al primo trimestre di quest’anno deve ancora arrivare. Il cambio eur aud (euro contro dollaro aussie) da inizio 2022 è sceso di circa il 6% a 1,47. La debolezza della moneta unica potrebbe proseguire se, come analisti e investitori si aspettano, la Reserve Bank of Australia (RBA) al board di maggio o di giugno avvierà il rialzo dei tassi d’interesse dallo 0,1% attuale.

Ci sarebbero pochi dubbi sulla volontà dell’istituto di restringere le condizioni monetarie già alla prossima riunione del board, se non fosse che il 21 maggio prossimo si terranno le elezioni politiche. Difficile, quindi, che la RBA vorrà interferire nella campagna elettorale con un atto dalle conseguenze rilevanti nell’uno o nell’altro senso. L’eur aud potrebbe indebolirsi ulteriormente, comunque, nell’attesa che il rialzo dei tassi sia rinviato a giugno, cioè a subito dopo le elezioni, come accadde nel 2007.

Eur aud lontano dai massimi del 2020

Dicevamo, economia australiana in salute. Per prima cosa, esporta proprio quelle materie prime che stanno rincarando e tanto patimento infliggono al resto del mondo. I dati macro sembrano a posto, altro motivo per non rinviare la stretta di troppi mesi. A Sidney non si vuole commettere lo stesso errore della Federal Reserve, che ha temporeggiato eccessivamente prima di alzare i tassi e oggi si ritrova a gestire un’inflazione quasi all’8% con un costo del denaro di gran lunga indietro rispetto alla curva.

Il mercato ha scontato una simile ipotesi, se è vero che lo spread tra i bond a 10 anni dell’Australia e i Treasuries è esploso dagli appena 4 punti base (0,04%) di inizio anno ai 44 (0,44%) di venerdì scorso.

E dire che negli USA si prevede che i tassi d’interesse saliranno fino al 2,75% entro dicembre.

C’è da dire che l’aussie si attesta sotto la media storica dal 1983 ad oggi, cioè da quando la valuta può fluttuare liberamente sul mercato. L’eur usd si trova ai livelli minimi da circa quattro anni e mezzo. Nel marzo 2020, agli inizi della pandemia, era schizzato a un massimo di 1,86, in conseguenza dei lockdown in Cina, paese che incide per il 40% delle esportazioni australiane e almeno il 7-8% del PIL. Da allora, si è indebolito del 22%. Viceversa, il minimo storico fu toccato nell’estate del 2012 a 1,16. Era il periodo della crisi dei debiti sovrani nell’Eurozona, quando si temette la fine dell’euro di lì a breve.

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