Un solo punto in tre partite. Un esordio così deludente per la Juventus non lo si poteva immaginare. Il ritorno di Massimiliano Allegri in panchina non ha finora esitato la svolta desiderata in campo. A fine agosto, Cristiano Ronaldo è andato via di fretta e furia come un ladro. Anche sul piano dell’immagine è stato un addio mal gestito. Ennesimo errore commesso sotto la presidenza di Andrea Agnelli, la cui era potrebbe volgere presto al termine.

Intendiamoci, il discendente di una delle casate più prestigiose del capitalismo mondiale ha fatto tante cose buone.

In carica dal maggio 2010, da allora le azioni Juventus hanno guadagnato più del 130%. Chi vi avesse investito all’inizio, avrebbe portato a casa un rendimento annuo di circa l’8,8%, a fronte di un’inflazione italiana sostanzialmente azzerata. Sotto la sua gestione, i bianconeri hanno vinto nove scudetti e consecutivamente, cinque volte la Coppa Italia e cinque volte la Supercoppa italiana.

Parlare di fallimento sarebbe eccessivo, ma le ambizioni erano altre. L’agognata Champions League è stata sfiorata nel 2015 e nel 2017, ma da allora solo passi indietro. L’arrivo di CR7 non solo non ha portato alla Juventus alcun risultato sportivo apprezzabile (vallo a sapere prima!), ma ne ha devastato i conti societari. Complice la pandemia, il bilancio 2020/2021 dovrebbe essersi concluso con una maxi-perdita di 191 milioni di euro e un debito salito alla cifra di 387 milioni. La situazione finanziaria è così grave, che il consiglio di amministrazione a fine giugno ha deliberato un nuovo aumento di capitale fino a 400 milioni. Exor, la holding di casa Agnelli, dovrà sborsare pro-quota 255 milioni e ha annunciato che anticiperà subito 75 milioni per sostenere la liquidità aziendale.

I conti Juventus mettono pressione ad Agnelli

Il precedente aumento risale solamente a due anni fa ed è stato di 300 milioni. E a inizio 2019 era stato emesso anche il primo bond della Juventus per un controvalore di 175 milioni.

Nella scorsa stagione, malgrado i risultati deludenti in campo, gli ingaggi della rosa ammontarono a 236 milioni. Troppi per una squadra che ha vinto l’ultima Champions nel 1996 e che indietreggia in Europa, anziché andare avanti. E poi c’è stato quel passo fatale compiuto in aprile da Agnelli con l’annuncio della Superlega.

Il presidente intendeva superare così i mille problemi sul campo e che si trasferiscono nei bilanci. Ma il mondo del calcio, della politica e dei media hanno fatto quadrato e l’operazione è naufragata nel giro di 48 ore. Agnelli perde la presidenza dell’ECA, l’Associazione dei Club Europei e, soprattutto, il rispetto nelle alte sfere del calcio, con il compare Aleksander Ceferin a oltraggiarlo pubblicamente a ogni ripresa e tutt’ora.

Adesso ci si mette il campo anche in Italia a infierire. Dopo il mancato decimo scudetto di fila, la partenza thriller in questo campionato. Senonché gli Agnelli non sono una dinastia monolitica. Al suo interno c’è la stirpe degli Elkann, che non sta vedendo di buon occhio le operazioni spericolate e spendaccione di Andrea di questi anni. Sinora gli ha accordato fiducia e l’impegno a svenarsi ancora una volta a beneficio della Vecchia Signora. Ma la pazienza ha un limite e questo limite sarà segnato proprio dal campo. Un altro flop in Serie A non sarà digerito, fatto salvo che di sogni di gloria in Champions non ne stia facendo nessuno a Torino per puro realismo. L’era Agnelli non è già finita, ma potrebbe presto se la Juventus non dovesse tornare ai vertici della classifica per puntare almeno all’ennesimo scudetto.

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