Sarebbero critiche, ma stazionarie, le condizioni di salute di Silvio Berlusconi. L’ex presidente del Consiglio è ricoverato da ieri al San Raffaele di Milano e al suo capezzale nel pomeriggio sono accorsi tutti i figli, oltre al fratello Paolo. “È una roccia, ce la farà anche stavolta”, ha dichiarato quest’ultimo. E se la sua storia personale ci insegna qualcosa, è che Berlusconi di vite ne ha tante. Dato per spacciato negli affari, in politica e persino sul piano della salute, fino ad oggi è sempre risorto.

Dalle televisioni alla politica

Il tycoon è un pezzo di storia italiana, comunque la si pensi sul suo conto personale e politico. Nato a Milano il 29 settembre del 1936, le cronache nazionali si accorgono di lui negli anni Settanta, quando diventa un rampante imprenditore delle telecomunicazioni. Lo era stato nel settore edile e a lui si deve la costruzione di buona parte della cosiddetta “Milano 2“. Ma il pallino delle televisioni cambia le sorti della sua esistenza e quelle di un intero Paese. Spregiudicato e ostinato come pochi ne nascono in una generazione, rileva nel 1976 Telemilano, un’emittente per soli residenti milanesi. La trasforma in Canale 5, cioè in una TV nazionale, ricorrendo allo stratagemma delle trasmissioni registrate e mandate in onda allo stesso tempo in tutte le TV locali con cui stringe accordi. Fonda il Gruppo Fininvest, che negli anni successivi acquista anche Rete 4 e Italia 1.

I giudici gli oscurano le reti nel 1984, perché in vigore vi era una legge nazionale che impediva alle TV private di trasmettere a livello nazionale. L’amico Bettino Craxi, che allora era premier, interviene a suo favore con un decreto legge per rendere legale l’operato di Berlusconi. L’Italia ne esce modernizzata. La RAI per decenni aveva posseduto il monopolio delle televisioni con programmi spesso bigotti e certamente acritici verso i governi, essendo lottizzata tra DC, PSI e PCI.

Una ventata di freschezza spira da Nord a Sud. Milioni di italiani possono finalmente sognare con i telefilm americani, donne prorompenti e non coperte fino al collo appaiono sugli schermi e il linguaggio diventa molto meno ingessato. E’ l’Italia del Drive In, di DallasDinasty, Telemike, DJ Television e mille altri intrattenimenti impensabili fino agli anni Settanta. Poi, arrivano gli anni Novanta. Cade la Prima Repubblica tra il tintinnio di manette e le urla di piazze forcaiole. Berlusconi decide contro il parere di amici stretti e parenti di “scendere in campo”. Fonda un partito politico alla fine del ’93. Lo chiamerà Forza Italia. Mette in piedi una coalizione sgangherata di centro-destra, che raggruppa dal Movimento Sociale Italiano erede del Fascismo alla Lega Nord di Umberto Bossi secessionista.

Berlusconi premier contro tutti e tutto

Promette la “rivoluzione liberale” contro i “lacci e lacciuoli della burocrazia” per un’Italia con meno tasse e più libertà economica. Contro ogni pronostico, vince le elezioni politiche del 26-27 marzo 1994 battendo la “macchina da guerra” dei post-comunisti di Achille Occhetto. Diventa presidente del Consiglio, ma il suo governo dura pochi mesi. Cade alla fine dello stesso anno sulla riforma delle pensioni, contestata dalla stessa Lega e che vede scendere in piazza milioni di italiani, guidati da sindacati agguerriti e da una stampa molto ostile. Mentre presiedeva un vertice europeo sulla sicurezza a Napoli, riceve un avviso di garanzia. La Procura di Milano lo accusa di essere connivente con la mafia. È solo l’inizio di un calvario giudiziario senza fine.

Resta all’opposizione per sei anni e mezzo. La traversata nel deserto gli consente di fare esperienza come politico e di riorganizzare il centro-destra, recuperando l’alleato leghista. Alle elezioni del 13 maggio 2001 vince a mani basse. Stavolta, il governo durerà per tutti i cinque anni.

Era accaduto solo ad Alcide De Gasperi tra il 1948 e il 1953. Diversi i successi di politica estera. A Pratica di Mare si prodiga per avvicinare la Russia alla NATO. Riavvicina l’Italia agli Stati Uniti e partecipa alle operazioni di “peacekeeping” in Iraq. Il Congresso americano gli fa tenere uno storico discorso, privilegio concesso a pochi.

Ma la politica economica, che sarebbe dovuta essere il fiore all’occhiello di Berlusconi, delude. Le tasse calano di pochissimo, la spesa pubblica resta alta e la burocrazia anche. Solo qualche riforma degna di nota, tra cui quella del mercato del lavoro con la “legge Biagi” dal nome dell’economista trucidato dalle Br nel 2002. Alle elezioni del 2006, però, perde per soli 24.000 voti contro il centro-sinistra di Romano Prodi. Resterà all’opposizione solo per un anno e mezzo, stavolta. Il governo cadrà a inizio 2008 e in aprile Berlusconi e il centro-destra trionferanno di nuovo.

Ritorno a Palazzo Chigi, spread, condanna e larghe intese

Tra il 2008 e il 2009, Berlusconi raggiunge l’apice del consenso in Italia. Sembra gestire bene la crisi finanziaria che travolge l’economia mondiale e la ricostruzione post-terremoto a L’Aquila. Ma l’alleato Gianfranco Fini si sfila dalla maggioranza. Crescono le tensioni politiche attorno a vicende personali come il divorzio del premier con Veronica Lauro che accusa il marito con una lettera pubblicata su Repubblica di circondarsi di “ciarpame senza pudore”. E nel 2011 arriva il caso Ruby. Accusato di rapporti sessuali con una minorenne, la situazione si fa seria. Lo spread inizia a colpire l’Italia e Spagna dopo che Grecia, Irlanda e Portogallo erano andati a gambe per aria. Dalle cancellerie europee arriva la sfiducia verso il governo Berlusconi tra i sorrisini di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy.

Berlusconi rimette il mandato nel novembre del 2011. È costretto a lasciare Palazzo Chigi da un’uscita secondaria per le urla di una folla inferocita e festante per le sue dimissioni.

Non tornerà più premier. Meno di due anni più tardi, il Senato lo destituisce dalla carica per la condanna in via definitiva sul caso Mediatrade. È costretto ai lavori sociali presso la casa di cura di Cesano Boscone, alle porte di Milano. Non si perde d’animo e, malgrado l’umiliazione pubblica, resta leader di Forza Italia e fa valere il suo peso politico, sempre minore, nei confronti dei governi avversari.

Sostiene il governo Draghi a cui stacca la spina nel luglio dello scorso anno insieme alla Lega di Matteo Salvini. Farà parte della nuova maggioranza di centro-destra, che stavolta alla guida del governo ha Giorgia Meloni. La sua frustrazione è palese quando al Senato, alla vigilia della nascita dell’esecutivo, esterna un chiaro “vaffa” all’indirizzo della futura premier. Perché Silvio Berlusconi tutto ha fatto nella vita, fuorché lasciare eredi. I “grandi” o coloro che tali si considerano non cedono mai il potere pacificamente e volontariamente.

Italiano senza eredi

La storia ci dirà in quale categoria posizionare Berlusconi. È stato il più amato e odiato in Italia dai tempi di Benito Mussolini, con la differenza che l’odio verso il dittatore si riversò solo a carriera politica sostanzialmente conclusa. Di lui si è detto di tutto. Gli avversari lo hanno accusato di essere fascista, massone, mafioso, pagliaccio, persino pedofilo. E tanti altri epiteti. Solo che alla fine tutti quanti hanno governato con lui. A conferma che o le accuse fossero destituite di fondamento o che in Italia per gestire il potere tutto è lecito.

L’unica verità incontrovertibile sta nel fatto che per un ventennio Berlusconi è stato epicentro indiscusso della politica italiana. Non avrà compiuto la rivoluzione liberale promessa, ma ha cambiato definitivamente il modo di fare e pensare la politica. L’ha resa meno elitaria, meno fredda, meno ingessata. Non ha mai riposto molta fiducia verso nei corpi intermedi e per questo ha voluto un rapporto diretto con il suo popolo. E da ricco imprenditore del Nord nessuno più di lui è riuscito a rappresentare le istanze delle classi più umili e desiderose di ascesa sociale negli ultimi decenni. Adesso, l’ultima battaglia. Per la vita. E vedremo se Berlusconi riuscirà a sorprenderci per l’ennesima volta.

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