I rendimenti dei titoli di stato italiani a 2 anni sono scesi allo 0,57%, il livello più basso da 3 settimane. Certo, siamo ben al di sopra del -0,07% a cui ancora si attestavano alla metà di maggio, nonché lontanissimi dal -0,27% a cui ancora giacciono gli omologhi spagnoli. Tuttavia, se consideriamo che il 29 maggio scorso, all’apice delle tensioni finanziarie e politiche in Italia, erano esplosi in area 2,45%, possiamo ben affermare che il panico sia venuto meno, anche se resta lo stato febbricitante.

Da quando, poi, la BCE di Mario Draghi ha annunciato che avvierà il “tapering” da ottobre e cesserà gli stimoli monetari dal prossimo gennaio, la scadenza biennale ha visto scendere i rendimenti di ben 38 punti base, circa 3 volte in più di quanto non abbiano fatto quelli spagnoli, per non parlare dei tedeschi, che sono scesi si appena 3 bp.

Quanto alla scadenza decennale, il calo è stato un po’ mercato marcato, per quanto sostenuto: -28 bp al 2,55%. Di conseguenza, lo spread 10/2 anni per i BTp si è allargato di una decina di punti, attestandosi attualmente nell’ordine dei 200 bp o 2%, un livello rassicurante e sostanzialmente in linea con le sedute pre-tensioni. A fine maggio, il differenziale tra le due scadenze risultava crollato pericolosamente ad appena 90 bp. Se il “sell-off” fosse proseguito, probabile che avrebbe portato persino a un’inversione della curva dei rendimenti, con i biennali a superare i decennali e a preludere a una recessione economica dell’Italia. Per adesso, almeno questo pericolo sembra scongiurato, nonostante i livelli assoluti rimangano notevoli, specie se si tiene conto che persino i bond portoghesi offrono molto meno dei nostri, ovvero il -0,14% per un biennale e l’1,71% per un decennale.

Guardando alla forma delle curve all’estero, notiamo che lo spread 10/2 anni in Germania viaggia poco sopra i 100 bp oggi, in calo dai circa 110 pre-BCE; in Spagna si attesta a 150 bp dai 147.

In pratica, la curva dei rendimenti diventa un po’ più ripida nella periferia dell’Eurozona e si appiattisce in Germania e Francia, ossia nel cuore dell’area. E l’Italia potrebbe registrare una discesa generalizzata dei rendimenti, se si sgonfiasse ulteriormente la tensione attorno al governo Conte, percepito dai mercati come euro-scettico. Più facile che a uscirne relativamente premiati siano i titoli a medio-lungo termine, come i decennali, dato che appare spropositato, al netto delle paure tra gli investitori, che un BTp a 10 anni renda oggi l’1,3% in più di un omologo spagnolo. Minori, in valore assoluto, i margini di restringimento per i biennali, che rendono un’ottantina di punti base in più dei Bonos. Probabile, quindi, che la curva italiana si appiattirà un po’, magari con un differenziale più prossimo a 150 che non a 200 bp, pur sempre su livelli rassicuranti. Quello negli USA si aggira ormai sotto i 40 bp, ai minimi dal 2007.

Perché spread e rendimenti BTp stanno scendendo e forse lo faranno ancora

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