Lo Sri Lanka è andato in default nelle scorse settimane, mentre il presidente ha dovuto cercare riparo a Singapore per sfuggire all’ira della folla inferocita contro la crisi. Anche il fratello premier si è dovuto dimettere e così pure il successore. Il caos a Colombo è drammatico, ma l’isola nell’Oceano Indiano non è l’unica tra le economie emergenti a vivere uno stato di profonda crisi. Restando in Asia, il Pakistan è ogni giorno più vicino al crac. Questo paese ospita una popolazione di oltre 220 milioni di abitanti e secondo le proiezioni internazionali nel 2050 sarà di 380 milioni, dietro solo a India e Cina.

Il premier Imran Khan è stato sfiduciato dal Parlamento da pochi mesi e lamenta di essere rimasto vittima di “un golpe americano”.

Tensione nel Pakistan

Il successore Shahbaz Sharif si è trovato ad ereditare una situazione allarmante. A maggio, le riserve valutarie al netto dell’oro erano scese ad appena 8,9 miliardi di dollari, sufficienti a garantire le importazioni per un solo mese. Nel 2019, Islamabad firmò un’intesa con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) per ottenere un prestito di 6 miliardi di dollari. Tuttavia, da inizio anno una tranche di 1,17 miliardi è “congelata” per la mancata attuazione delle riforme richieste dall’istituto. La scorsa settimana, è arrivato il placet di Washington. L’erogazione avverrà dietro all’aumento delle tasse da parte del governo, unitamente al taglio dei sussidi su energia elettrica, gas e carburante.

La rupia pakistana ha perso oltre un quarto del suo valore contro il dollaro nell’ultimo anno. L’alto indebitamento e l’esplosione dei prezzi delle materie prime hanno prosciugato le riserve. L’inflazione a giugno, intanto, è esplosa sopra il 21%. L’FMI ha altresì elevato da 6 a 7 miliardi l’entità degli aiuti. Un’operazione che consentirebbe al paese asiatico di scampare almeno al default vero e proprio.

Economie emergenti in crisi in Africa

E c’è un altro paese popoloso sull’orlo del default.

La Nigeria ha anch’essa una popolazione di oltre 200 milioni di abitanti. Nonostante faccia parte dell’OPEC e produca petrolio, non riesce a sfruttare la congiuntura ultra-favorevole delle quotazioni, tra l’altro a causa dei frequenti e ingenti furti di greggio nei pozzi da parte di gruppi di guerriglieri. L’inflazione galoppa verso il 20% e il cambio sprofonda. Il debito pubblico non arriva al 25% del PIL, ma il punto è che il paese non dispone di entrate. Il gettito viaggia intorno al 5% del PIL.

Restando in Africa, periodo nero anche per l’Egitto, paese da più di 102 milioni di abitanti. La crisi alimentare morde. Nel 2016, la carenza di beni di prima necessità come lo zucchero costrinse il governo a liberalizzare il tasso di cambio e ad adottare un piano di riforme economiche efficaci. Non basta più. Entro i prossimi cinque anni, Il Cairo dovrà sborsare 100 miliardi di dollari per pagare i debiti in scadenza. Una cifra immensa. Ha già ecceduto la quota di prestiti dell’FMI spettanti, ma l’istituto sembra disposto a garantire ulteriori aiuti per evitare il crac in un’area strategica del pianeta.

Un remake degli anni Ottanta

Sono tante altre le economie emergenti alle prese con la crisi. Immancabile l’Argentina, la cui inflazione viaggia verso il 70% e che, pur reduce dal nono default della sua storia nel 2020, si sta incamminando verso il decimo. Come accadde negli anni Ottanta, il rialzo globale dei tassi aggrava le criticità fiscali di molti paesi più poveri, foraggiando il deflusso dei capitali verso le economie più ricche come gli USA. Le scene della folla che entra nel palazzo presidenziale di Colombo e che brucia l’abitazione del primo ministro potrebbero non rimanere isolate.

[email protected]