E’ stato un secondo trimestre oltre le previsioni per l’economia italiana. Il PIL è rimbalzato del 17,3% su base annua, portando la crescita acquisita per il 2021 al 4,7%. Probabile che si attesterà tra il 5,5% e il 6%, una volta che usciranno i dati relativi al secondo trimestre. Non ci avrebbe sperato nessuno fino a qualche mese fa. Per quanto resteremmo al di sotto dei livelli pre-Covid, ci collocheremmo nella parte alta della classifica europea e OCSE per capacità di ripresa.

Lasciamo che la politica perda tempo per appropriarsi dei meriti di questo trend.

In questi giorni, però, è uscito un altro dato a cui porre la giusta attenzione. L’inflazione italiana in agosto è salita al 2,1%. Nell’Eurozona, è balzata al 3%. In Germania, al 3,9%. In termini di prospettive per l’economia italiana, ciò pesa parecchio. Per capire perché, vi proponiamo una semplice equazione, anzi un’identità:

Y = C + I + G + Exn

dove Y sta per Prodotto Interno Lordo o PIL, C per Consumi, I per Investimenti, G per Spesa Pubblica al netto della tassazione e Exn per Esportazioni Nette, cioè sottraendo il valore delle esportazioni.

L’impatto dell’inflazione sull’economia italiana

Ora, l’inflazione è tipicamente un nemico delle famiglie. Se accelera troppo, ne deprime il potere di acquisto e, quindi, i consumi. Del resto, con la stessa quantità di denaro un consumatore potrà acquistare un paniere più magro di beni e servizi. Ma il problema diventa ancora più ampio. Il surriscaldamento dell’inflazione sta già spingendo la BCE a dibattere sulla riduzione degli stimoli monetari, seguita nel tempo dal primo rialzo dei tassi nell’Eurozona.

Francoforte dovrà tenere a bada la crescita dei prezzi, per cui man mano che questa attecchisce, taglierà gli acquisti dei bond. Inevitabile la risalita dei tassi di mercato. E l’impatto sull’economia italiana si farebbe ancora più duro del solo contraccolpo diretto sui consumi.

Infatti, tassi più alti aumenteranno da un lato la propensione delle famiglie al risparmio, riducendone gli acquisti, dall’altro colpiranno gli investimenti delle imprese. Queste prendono molto spesso a prestito denaro allo scopo e più l’operazione diventa costosa, meno investiranno.

In realtà, la stessa spesa pubblica potrebbe risentirne. Se sale il costo di emissione dei titoli di stato, il governo cercherà di ricorrere all’indebitamento un po’ meno del previsto per limitare gli aggravi di spesa (per interessi) sui conti pubblici presenti e futuri. Infine, man mano che i tassi di mercato lievitano, i capitali esteri affluiscono alla ricerca di rendimenti più alti. E ciò tendenzialmente porterebbe a un apprezzamento dell’euro contro le altre valute. Per questa via, rischiano di rallentare le esportazioni, specie quelle di prodotti a basso contenuto tecnologico e la cui domanda risulta più esposta alle variazioni dei prezzi.

Conclusione

In breve, vi stiamo dimostrando come un battito d’ali possa scatenare una tempesta di vento. L’inflazione incombe come una minaccia per l’economia italiana, in quanto innescherebbe una serie di meccanismi depressivi per la crescita. Fosse (ad oggi) per il solo dato italiano, potremmo stare tranquilli. Tuttavia, nell’Eurozona la risalita dei prezzi si è fatta ben più veloce e ciò accresce le pressioni sulla BCE, affinché adotti quanto prima una politica monetaria meno accomodante.

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