Non ci eravamo più abituati da decenni. Le generazioni sotto i 50 anni non avevano vissuto da cittadini adulti periodi di instabilità dei prezzi. Ma l’inflazione è arrivata inattesa e si mostra più persistente di quanto temessimo. Dagli Stati Uniti all’Europa, dall’Australia al Canada, non si salva quasi nessuno dalla morsa del carovita. Se proprio volessimo trovare un paio di mosche bianche, ad oggi risultano essere Svizzera e Giappone con tassi d’inflazione entrambi del 3%.

Tassi reali in calo

E dire che le banche centrali stanno alzando da mesi i tassi d’interesse per contrastare il boom dei prezzi al consumo.

Ciononostante, negli Stati Uniti a ottobre l’inflazione restava sopra l’8% e nell’Eurozona saliva al 10,7%. In Italia, ha raggiunto l’11,9%, livelli che non vedevamo dal 1983. Il fatto è che i tassi d’interesse salgono, ma molto meno velocemente dell’inflazione. E così, i tassi reali stanno continuando a scendere in area negativa.

Volete un esempio? A gennaio di quest’anno, i tassi di riferimento della BCE erano a 0 con un’inflazione al 5,1%. Ad ottobre, i tassi sono stati portati al 2% con un’inflazione al 10,7%. I tassi reali nell’Eurozona sono così scesi da -5,1% a -8,7%. E’ naturale che l’inflazione continui a galoppare. Anche negli Stati Uniti è così: tassi al 4%, ma inflazione all’8,2%.

Domanda alta grazie ai risparmi

L’eccesso di liquidità che questa situazione genera sui mercati non fa ben sperare. Nonostante i prezzi di molte materie prime siano scesi o persino crollati dai picchi recenti, l’inflazione divora i bilanci di famiglie e imprese. Com’è possibile con stipendi che non tengono il passo? In effetti, se i prezzi salgono e i redditi delle famiglie restano invariati, la domanda non può che regredire. E se ciò accade, prima o poi anche l’inflazione dovrà rallentare.

In Italia, ad esempio, gli stipendi stanno salendo a ritmi così bassi da risultare quasi fermi.

Pertanto, stiamo perdendo capacità di acquisto in doppia cifra. Non accadeva neppure nei terribili anni Settanta e ad inizio anni Ottanta. Da dove arrivano i denari necessari per fare acquisti? La risposta la troverete in banca. Nel mese di settembre, i depositi delle famiglie ammontavano a 1.836,3 miliardi di euro, cioè più del PIL del 2021. Nel febbraio del 2020, ultimo mese prima delle restrizioni anti-Covid, erano a 1.578 miliardi.

In altre parole, sotto la pandemia gli italiani hanno accumulato risparmi per circa 260 miliardi. In che modo? Principalmente per via dei minori consumi. Negozi e ristoranti erano chiusi, non si poteva andare in vacanza, insomma non c’era modo di spendere. E poi i governi sono stati generosi con sussidi a pioggia per tutti, spesso eccessivi e indiscriminati. Fatto sta che il conto in banca medio è salito e sta finanziando i consumi delle famiglie ora che i redditi spesso non bastano a pagare le maxi-bollette di questi mesi.

Inflazione vicino al picco?

Finché questo eccesso di risparmio rimane alto, la domanda non scemerà granché e l’inflazione non ne vorrà sapere di scendere. Dunque, dovremo monitorare proprio i risparmi liquidi, custoditi nei conti bancari, per capire come verosimilmente si muoveranno i prezzi al consumo nei prossimi mesi. A settembre, essi erano agli stessi livelli di marzo, ma in calo di circa 37 miliardi dal record di luglio. E’ molto presto per capire se gli italiani stiano intaccando i loro risparmi al di là di eventi episodici. Di certo c’è che i tassi di crescita tendenziali dei conti in banca stanno rallentando di mese in mese: dal +6,9% del settembre 2021 al +2,1% del settembre 2022.

La discesa dell’inflazione potrà materializzarsi solo quando in banca ci sarà un livello di risparmio non più così sufficiente da finanziare il carovita.

A quel punto, prima che il conto scenda a una qualche soglia di allarme, le famiglie inizieranno a tagliare i consumi. A parità di offerta, ciò inizierà a stabilizzare i prezzi. Considerate che i sostegni del governo potrebbero rivelarsi sempre meno generosi nei prossimi mesi, a causa delle ristrettezze di bilancio. E l’offerta di materie prime, tra cui gas e petrolio, può aumentare con l’allentamento delle tensioni geopolitiche. Ma forse non abbiamo ancora toccato il picco.

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