La campagna elettorale è finita e per antonomasia non è mai stata da nessuna parte un momento di verità. I politici promettono di esaudire i desideri degli elettori, un po’ come il genio della lampada. Raramente prospettano il modo in cui risolverebbero i problemi al governo. In queste elezioni settembrine, il reddito di cittadinanza ha occupato le cronache dei giornali delle ultime settimane. I leader hanno fatto a gara tra loro, vuoi per rassicurare sul mantenimento del sussidio, vuoi per promettere di riformarlo o persino di cancellarlo.

Noi siamo facili profeti: il reddito di cittadinanza non lo toglierà nessuno, chiunque vinca domani. E allo stesso tempo vi diciamo che il reddito di cittadinanza non esiste.

In che senso, vi starete chiedendo? Se non siete percettori, conoscerete senz’altro almeno una persona che mensilmente riceve l’accredito dell’INPS. Dunque, il sussidio esiste da ormai quasi tre anni e mezzo. Affermare il contrario equivale a diffondere una “fake news”? Dipende dal significato che assegniamo alle parole. “Di cittadinanza” implica che ad ogni cittadino spetti di diritto. Cosa che non è, come sanno coloro che presentano periodicamente la domanda e se la vedono respingere per l’assenza di questo o quel requisito.

Allora, non è un reddito di cittadinanza, bensì un sussidio garantito a certe fasce sofferenti della popolazione. Possiamo parlare di reddito di cittadinanza in stati come l’Alaska. Qui, si estrae petrolio e poiché le rigide temperature dissuadono chicchessia dall’andarci a vivere, è garantita annualmente la distribuzione di parte dei proventi del greggio a ciascun abitante. In pratica, una somma uguale per tutti. Una famiglia di quattro persone prende il doppio di una coppia senza figlia, per intenderci.

Reddito di cittadinanza sostenibile solo con crescita economica

Il reddito di cittadinanza all’italiana non c’entra con tutto questo. E’ solo un sussidio più generalizzato di qualsiasi altro studiato in passato.

E guardate che, in breve tempo, ha cambiato la mentalità di moltissimi italiani, i quali adesso ritengono di avere un diritto inalienabile al sostentamento. Un po’ come accadde nel Secondo Dopoguerra con il diffondersi dello stato sociale. Prima era quasi impensabile che tutti i cittadini avessero accesso a servizi gratuiti come scuola e sanità. Oggi sembra impensabile il contrario.

Tuttavia, il reddito di cittadinanza durerà non finché al governo resta Tizio o Caio, bensì fino a quando lo consentiranno le condizioni macro. A pagare i beneficiari non è il governo, bensì il sistema produttivo, formato da imprese e lavoratori. Chi crea ricchezza, sostiene anche chi la ricchezza la consuma soltanto. Finché tale ricchezza c’è. L’Italia è un paese curioso, in cui da un lato si reclamano diritti, dall’altro si mettono bastoni tra le ruote a chi produce. Delle due l’una: o pensiamo che i soldi crescano sugli alberi o siamo masochisti. Non è sostenibile un sistema che pretende di distribuire risorse e che al contempo disincentiva alla loro produzione.

Sul piano ideologico e persino fattuale, l’Italia da anni corre verso una sorta di “venezuelizzazione”. Sappiamo tutti come sia andata a finire a Caracas. Se non usciamo ancora di casa con valigie piene di banconote per fare la spesa, è solo perché a stamparle ci pensa la BCE. E non è che questa se la passi benissimo ultimamente. Insomma, il reddito di cittadinanza non è un dato assodato, ma una variabile dipendente dall’andamento dell’economia. I politici che non pensano a come rianimarla, sono i veri oppositori al sussidio.

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