Il Bitcoin colonizza la Turchia? Noi europei siamo alle prese con le preoccupazioni legate al carovita. Ad agosto, nell’Area Euro il tasso d’inflazione è salito sopra il 9%. Numeri che non eravamo abituati più a vedere dagli anni Ottanta. Ma questo è niente al confronto con quanto sta accadendo in Turchia, dove l’inflazione è salita sopra l’80%, ai massimi dal 1998. Qualche analisi indipendente la stima al 140% reale. In altre parole, i prezzi al consumo nel paese stanno mediamente raddoppiando, se non di più.

A cosa si deve questa esplosione? Come ovunque nel mondo, pesa certamente il caro bollette, dato che la Turchia importa il 75% dell’energia che consuma. Tuttavia, nel caso di Ankara la crisi è quasi totalmente auto-inflitta. Da un anno, la banca centrale taglia i tassi d’interesse mentre l’inflazione galoppa, facendo l’esatto contrario di tutte le altre grandi banche centrali. I capitali fuggono e la lira turca collassa senza sosta.

L’anno scorso, il cambio si è indebolito del 44% contro il dollaro. Quest’anno, segna già un altro -25%. Non vi stupireste molto se vi dicessimo che la Turchia si trova ai vertici della classifica internazionale per tasso di diffusione dei Bitcoin. Se in media hanno in portafoglio la “criptovaluta” 1,5 persone ogni 100 abitanti sulla Terra, la percentuale raddoppia in Turchia. Eppure, non si tratta di un paese apertissimo all’innovazione finanziaria. Anzi, nei mesi scorsi il governo turco ha fortemente limitato il business delle crypto.

Bitcoin meglio di lira turca

Per capire la ragione di tale apparente “anomalia”, bisogna guardare proprio alla lira turca. Dal fallito golpe del 15 luglio 2016, la moneta della Turchia perde circa l’85% del suo valore contro il dollaro. Nello stesso periodo, il Bitcoin si è apprezzato del 2.740%. Praticamente, un cittadino turco che avesse investito 1.000 lire, oggi avrebbe in tasca qualcosa come 172.500 lire tra boom delle quotazioni (+2.740%) ed effetto cambio.

Viceversa, se nello stesso frangente avesse tenuto tali 1.000 lire sotto il materasso, avrebbe perso oltre l’80% del potere di acquisto, visto che in questi sei anni e poco più l’inflazione cumulata è stata del 260%.

E’ vero che Bitcoin ultimamente non sta brillando, ma cosa dire della lira turca e dell’inflazione alle stelle? Le quotazioni in dollari della “criptovaluta” sono collassate del 73% dai massimi storici toccati nel novembre scorso. Resta il fatto che il dollaro nel periodo si è rafforzato del 45% contro la lira, per cui possedere Bitcoin per i turchi risulta sempre più vantaggioso che restare liquidi. Infatti, l’investimento avrebbe dimezzato il capitale in lire, mentre l’alternativa sarebbe stata di perdere più dei due terzi del potere di acquisto a causa dell’inflazione.

Dal dicembre scorso, il governo ha varato un piano “salva-risparmi”. Esso consiste nel coprire con soldi pubblici la differenza tra il tasso d’interesse offerto dalle banche ai clienti sui conti aperti in lire e il tasso di deprezzamento del cambio contro le valute forti (dollaro, euro, ecc.). Ma questo stratagemma, servito a frenare la caduta della lira, si ripercuote negativamente sui conti pubblici e stimola le stesse aspettative d’inflazione, dato che lo stato risponde alla crisi offrendo ai risparmiatori ancora più lire, cioè accrescendo la liquidità in circolazione esplosa già con una politica sui tassi demenziale.

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