E neanche “Super” Mario ce l’ha fatta a scampare alla legge politica italiana, secondo la quale un premier tecnico non dura più di un anno e mezzo. Accadde con Carlo Azeglio Ciampi, rimasto a capo del governo per pochi mesi, a Lamberto Dini, per meno di un anno e mezzo, a Mario Monti per diciassette mesi. A parte che un governo italiano tipicamente ha la scadenza di uno yoghurt, c’è nello specifico l’aggravante di un esecutivo senza un capo politico.

E prima o poi la politica tenta sempre di riprendersi i propri spazi. E come sempre accade, i tecnici trattano i partiti e il Parlamento con una supponenza professorale che è del tutto estranea a una logica democratica. Piaccia o meno, a questa legge non si sfugge.

Ma nel caso di Mario Draghi, esiste un paradosso abbastanza peculiare. Egli fu governatore della BCE tra la fine del 2011 e la fine del 2019. Durante il suo mandato, azzerò i tassi d’interesse, anzi li portò sottozero. Prestò alle banche denaro a costo nullo e, infine, acquistò titoli di stato in quantità gigantesche. Formalmente, questa politica sarebbe dovuta servire a sostenere i livelli d’inflazione. Nei fatti, fu studiata per tenere i rendimenti dei titoli di stato italiani sotto controllo.

Quando Draghi varò il famoso “quantitative easing”, la Bundesbank lo avvertì che avrebbe istigato l’“azzardo morale” nel Sud Europa. I media italiani derisero i tedeschi, notandone quasi una tendenza all’estrema teorizzazione dei fatti. A distanza di anni, possiamo affermare che la Bundesbank ebbe ragione e Draghi torto.

Draghi salvò l’euro e la scadente politica italiana

Con l’azzeramento dei costi di emissione del debito, i governi italiani succedutisi negli anni non ne hanno approfittato per accelerare il percorso di risanamento fiscale e di implementazione delle riforme economiche. Al contrario, hanno tutti cercato di dilatare la spesa pubblica.

E parliamo proprio di quella meno produttiva, con finalità perlopiù assistenziali. Le politiche dei bonus, così come il reddito di cittadinanza, quota 100 e le altre mille scappatoie studiate per anticipare l’età pensionabile, sono solo alcuni degli esempi di uno stato che da tempo ha perso la bussola.

E’ vero, Draghi ha salvato l’euro con queste politiche, ma ha anche foraggiato una classe politica italiana spendacciona e fuori dalla realtà. Quando arrivò a Palazzo Chigi nel febbraio 2021, egli pensò che quella stessa classe politica gli sarebbe stata riconoscente. In fondo, pur nella immensa ignoranza che la contraddistingue, essa è consapevole che certi clientelismi sono stati resi possibili proprio grazie alle misure di Draghi come governatore BCE.

Quello di cui il premier dimissionario non aveva tenuto conto è che l’azzardo morale è come l’ego: più lo coltivi e più cresce. Il suo stesso governo non si è sottratto in questo anno e mezzo allo spandi e spendi. Se siamo arrivati al bonus psicologo, è perché ormai la politica della spesa ha rotto gli argini da tempo e contenerla appare sempre più difficile. Tra l’altro, le sue politiche, potenziate dal successore Christine Lagarde con la pandemia, hanno favorito il ritorno in pompa magna dell’inflazione, uno dei principali mali dell’economia italiana ed europea di questa fase. Draghi è rimasto vittima del suo successo passato. Avendo salvato l’Italia e chi la governava (con i modi in cui la governava) per salvare l’euro, ha creato le condizioni per il suo assassinio politico quando è diventato premier.

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