Fare la spesa costa ogni mese di più. Non ci sarebbe bisogno di leggere le statistiche ufficiali per capirlo. Basterebbe andare al supermercato o al ristorante o metter piede in un negozio qualsiasi. A lamentarsi sono proprio tutte le famiglie, sia i titolari di reddito fisso (lavoratori dipendenti e pensionati), sia i lavoratori autonomi. In effetti, anche le partite IVA sono costrette a pagare bollette salatissime per i loro uffici e le imprese. Nel migliore dei casi, riescono a scaricare gli extra-costi sui prezzi al cliente finale.

Ad ogni modo, l’inflazione nel mese di settembre è cresciuta ancora dello 0,3% su agosto e dell’8,9% rispetto a un anno prima. Siamo ai livelli più alti dal 1985. Una tragedia per chi, ad esempio, vive con la sola pensione minima o anche meno. Secondo i dati dell’INPS, parliamo di 2,1 milioni di percettori.

E guai a pensare che ad intascarsi un assegno così basso – 523,83 euro al mese per 13 mensilità – siano solamente coloro che abbiano lavorato poco o nulla. Specie nel Meridione, questa è la condizione che si ritrovano a vivere moltissimi lavoratori in nero. Una piaga che da Roma in giù è quasi naturale, accettata quale unica alternativa alla disoccupazione cronica. La buona notizia è che i rincari di questi mesi saranno integralmente recuperati a partire dal 2023.

Aumento pensione minima 2023

Se i prezzi smettessero di crescere da qui alla fine di quest’anno, i titolari di pensione minima potrebbero confidare su un aumento mensile di 37,19 euro, cioè del 7,1%. E’ questa la cosiddetta “inflazione acquisita” al mese di settembre. L’assegno salirebbe così a 561,02 euro. In un anno, gli aumenti sarebbero pari a 483,47 euro. Non è poco. Una famiglia riuscirebbe a pagarci una o due bollette in più della luce o del gas.

L’aumento del 7,1% sarebbe usufruito dai titolari di assegni fino a 4 volte la pensione minima, cioè fino a 2.095,32 euro al mese.

Per la parte dell’assegno mensile compresa tra 2.095,32 e 2.619,15 euro, si avrebbe una rivalutazione del 6,39%, pari al 90% del suddetto 7,1%. E sopra i 2.619,15 euro al mese, la rivalutazione dell’assegno sarebbe del 5,33%, il 75% del 7,1%.

Rivalutazione assegni più alti

Ipotizziamo un pensionato con assegno pari a 3.000 euro al mese. Rientrerebbe certamente tra i più fortunati. Sui primi 2.095,32 euro, beneficerebbe di un aumento del 7,1%, pari a 148,77 euro. Sopra i 2.095,32 euro e fino a 2.619,15 euro, la rivalutazione sarebbe di 33,47 euro. Infine, sopra tale cifra, cioè per i rimanenti 380,85 euro, la rivalutazione scenderebbe ancora a 20,28 euro. L’assegno complessivamente salirebbe di 202,52 euro, cioè del 6,75%.

Il tasso effettivo di rivalutazione della pensione, tuttavia, dipenderà dall’andamento dell’inflazione negli ultimi tre mesi dell’anno, sebbene il Ministero di economia e finanza non abbia il tempo di attendere il dato di dicembre. Pertanto, come spesso capita, fisserà in decreto una rivalutazione provvisoria e sulla base delle stime relative all’ultimo mese dell’anno. Eventuali differenze sarebbero accreditate o scalate nell’anno successivo ancora.

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