L’ex premier Giuseppe Conte, fresco di investitura online a leader del Movimento 5 Stelle, ha sentito l’esigenza di rivolgersi al Nord Italia, prendendo atto di avere commesso “errori” al governo. Il suo partito, spiega, sarebbe stato percepito come schiacciato sulle problematiche del Meridione e poco attento ai bisogni e agli interessi dei ceti produttivi del Settentrione. Ma adesso, continua, la musica cambia. Il nuovo corso pentastellato non avrà più pregiudiziali ideologiche verso chicchessia.

E si concentra su Milano, città nella quale si andrà al voto per le elezioni comunali a ottobre.

A suo avviso, occorre porre maggiore attenzione al disagio sociale in città, dove vivrebbero “200.000 bambini poveri”. E subito è partita la polemica. Il suo ex ministro dell’Agricoltura, Teresa Bellanova, esponente di spicco di Italia Viva, ha subito smentito il dato. Neppure ci sarebbero 200.000 bambini sotto i 14 anni di età a Milano. Ve ne vivrebbero 175.000. E per fortuna, ha aggiunto il sottosegretario alla Difesa, Giorgio Mulè, non tutti sono in povertà. Quella relativa riguarderebbe in questa fascia di età 20.000 soggetti. Almeno stando ai dati Save The Children e Caritas citati dall’esponente di Forza Italia.

Insomma, a Conte sarà scappato uno zero. Cose che capitano. Ma Bellanova ne ha approfittato per ribadire la ragione per la quale il suo leader Matteo Renzi avrebbe fatto cadere il governo “giallo-rosso”: “non studiano i dossier, sono incompetenti”. Sarà, ma il punto di domanda è un altro: per caso, il governo Conte non aveva “abolito la povertà”, come autorevoli parlamentari e ministri dei 5 Stelle sono andati raccontando orgogliosamente in questi anni?

Conte e la povertà abolita per finta

E’ chiaro che l’espressione sia stata volutamente iperbolica. Ma il solo fatto che per Conte vi sarebbero 200.000 bambini poveri su una popolazione residente di 1,4 milioni di abitanti, significa implicitamente avere ammesso il fallimento della propria azione di governo nella lotta al disagio sociale.

E stiamo escludendo che per Conte esistano poveri anche tra adolescenti e adulti. Insomma, come può mai pensare che la città simbolo dell’economia italiana abbia così tanti poveri, quando si fregia di essere stato un premier capace di ridurre fortemente proprio la fascia del disagio sociale? La spiegazione alternativa sarebbe che Conte non conosca neppure lontanamente il numero degli abitanti di Milano. In quel caso, avrebbe avuto ragione a lagnarsi della scarsa attenzione rivolta al capoluogo lombardo.

Conte ha dismesso i panni del capo di governo per indossare quelli di un capo dell’opposizione. Sì, opposizione. Fosse per lui, Mario Draghi dovrebbe uscire da Palazzo Chigi anche oggi stesso. Non gli è andata giù che lo abbia sostituito dopo oltre due anni e mezzo di incarico, durante i quali si è distinto per essere passato dalla lotta contro l’Europa alla difesa dell’Europa, dalla battaglia per fare spesa in deficit a quella per risanare i conti pubblici. E tante altre perle. Non sentiamo la mancanza di avvocati del popolo. Ci sentiamo rassicurati della presenza di un ex banchiere centrale e oggi politico a tutto tondo. Perché Draghi, a differenza di Conte, non ha alcun bisogno di ruffianarsi Bruxelles anche quando questa sbaglia. Anzi, è l’unico italiano al momento capace di mettere in riga i commissari e discutere alla pari con le cancellerie straniere. Ed è molto probabile che la povertà scenda in siffatte condizioni, anziché con proclami sudamericani.

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