Il Consiglio dei ministri del governo Draghi varerà un ennesimo scostamento di bilancio con misure in deficit per altri 35 miliardi di euro. Questo sembra l’orientamento di queste ultime ore nella maggioranza, sebbene il leader leghista Matteo Salvini chieda un conto ancora più salato, cioè di 50 miliardi. Soldi, che serviranno a finanziare la proroga delle chiusure delle attività.

Con questi numeri, il deficit di bilancio per quest’anno salirà di altri 2 punti di PIL. Tenuto conto che il Fondo Monetario Internazionale (FMI) abbia stimato per l’Italia un disavanzo fiscale nell’ordine del 7,5% a gennaio, questo implica che ci porteremmo a ridosso della soglia del 10%, con ogni probabilità sostando tra il 9% e il 9,5%.

Una discesa lieve dal 10,9% del 2020. Insomma, il 2021 non sarà proprio l’anno della ripartenza, semmai dell’assestamento.

Nel cercare di tenere a bada il rapporto debito/PIL, esploso al 155,6% lo scorso anno, il premier Mario Draghi dovrà inevitabilmente fissare un tetto al deficit di bilancio. A quale livello? Tutto dipende dal tasso di crescita economica e da quello d’inflazione. L’FMI ha alzato nei giorni scorsi le previsioni sul PIL dell’Italia di 1,2 punti al 4,2% per quest’ano. Meglio di prima, ma non bene. Nel 2020, il nostro PIL è collassato dell’8,9%. In pratica, alla fine di quest’anno resteremmo sotto i livelli pre-Covid del 5%.

Deficit di bilancio, la barriera dei 130 miliardi

Non solo. Al 31 marzo, l’inflazione acquisita in Italia è salita allo 0,9%. Essa è risalita dai valori negativi assunti per gran parte del 2020, pur rimanendo debole. Sommata al tasso atteso di crescita, oggi come oggi il PIL nominale salirebbe di poco oltre il 5%. Con un deficit di bilancio oltre il 9%, ciò implicherebbe l’ulteriore lievitazione del rapporto debito/PIL. Infatti, affinché questo resti invariato, il PIL nominale dovrebbe crescere di oltre il 6% con un deficit di bilancio al 9,5%.

In valori assoluti, il debito pubblico a fine anno non dovrebbe superare la barriera dei 2.700 miliardi, cioè il disavanzo dovrebbe limitarsi a circa 130 miliardi.

Certo, Draghi potrebbe sempre puntare a un lieve aumento del rapporto debito/PIL, forzando la mano sul deficit di bilancio. Tuttavia, la soglia psicologica del 160% non andrebbe sfidata. Anche perché nessuno è in grado di prevedere se davvero l’Italia crescerà di un 4% abbondante quest’anno, né se l’inflazione tenderà al target BCE di quasi il 2% o resterà ai livelli attuali. L’evoluzione dell’economia dipenderà essenzialmente da quella del Covid, a sua volta legata al successo e alla rapidità della campagna vaccinale. Inoltre, se la BCE non rafforzerà per la terza volta il PEPP, le emissioni nette di debito pubblico italiano dovrebbero confidare sulla domanda del mercato. E qui arriverebbero i dolori.

E c’è il capitolo dell’impatto sul PIL dei deficit di bilancio lievitati con gli scostamenti decisi dal governo. Limitarsi a offrire sostegno alle categorie colpite senza garantire loro e all’intera Nazione una prospettiva di ripartenza in un futuro non lontano e certo esiterà scarsi frutti. Non è un caso che Draghi mediti l’avvio graduale delle riaperture dal 20 aprile. Solo così le decine di miliardi di nuovo deficit di bilancio contribuirebbero a stimolare la crescita economica, traducendosi in consumi per effetto del maggiore ottimismo delle famiglie. Ma fino a quando lo stato pagherà milioni di italiani per farli rimanere a casa, la domanda interna non ripartirà e l’economia resterà al palo. E ciò non giova alla stabilizzazione del rapporto debito/PIL.

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