Azioni e obbligazioni al collasso, boom dei CDS a 5 anni. E’ iniziata la crisi di Deutsche Bank sui mercati finanziari. Anzi, dovremmo scrivere che è tornata. La banca sistemica tedesca era già finita nel mirino degli investitori negli anni passati, a causa delle sue elevate esposizioni verso asset di dubbia qualità e le numerose cause legali affrontate e perdute per avere infranto diverse leggi in Europa e negli Stati Uniti. Ieri mattina, il titolo in borsa è arrivato a perdere quasi il 15% in mattinata dopo che i CDS a 5 anni erano saliti ai massimi da quattro anni, schizzando in un solo giorno da 142 a 173 punti base.

Non avevano registrato mai un balzo così forte in un’unica seduta.

Giù bond e azioni della banca tedesca

I CDS sono titoli che assicurano i bond emessi da una società, una banca o un governo contro il rischio default. L’impennata del prezzo significa che il mercato inizia a temere che Deutsche Bank possa fare la fine di Credit Suisse. Le autorità confederali hanno messo in sicurezza la banca svizzera per mezzo di una fusione con UBS e 109 miliardi di franchi garantiti dallo stato.

Nel tentativo di sottrarsi alla morsa della speculazione, Deutsche Bank annunciava ieri mattina il rimborso alla pari delle obbligazioni subordinate denominate in dollari da 1,5 miliardi e in scadenza nel 2028 (ISIN: US251525AM33). La reazione immediata degli investitori non è stata incoraggiante, se è vero che la quotazione alla Borsa di Francoforte è risalita solo dello 0,12% sopra 91 centesimi. Nelle stesse ora, due banche tedesche annunciavano il mancato esercizio della “call” in merito a due bond AT1. Trattasi di Deutsche Pfandbriefbank e Aareal Bank. Questi titoli sono oggetto di forti vendite da giorni, dopo l’azzeramento di Credit Suisse, nonostante al capitale azionario siano stati garantiti pagamenti per 3 miliardi di franchi.

Sfiducia del mercato verso Deutsche Bank

Per quanto il mancato rimborso di una call sia previsto dai contratti, l’unico caso sinora verificatosi è stato nel febbraio 2019 con Santander.

E in una fase come questa, gli obbligazionisti non l’hanno presa bene. Paradossalmente, l’annuncio in senso opposto di Deutsche Bank rischia di essere captato come un segnale di disperazione per scampare alla sfiducia del mercato. C’è da dire, però, che a seguito della ristrutturazione avviata nel 2019 l’istituto ha registrato dieci trimestrali consecutive in attivo. Lo scorso anno, ha riportato profitti netti per 5,7 miliardi di euro, i più alti dal 2007.

La solidità di Deutsche Bank non parrebbe in dubbio, se è vero che al 31 dicembre scorso il suo CET1 ratio era del 13,4%. Resta il fatto che in borsa valeva ieri solo 16,6 miliardi e che il suo bond AT1 in dollari con cedola 7,5% (ISIN: US251525AN16) prezzava a 74 centesimi, segnalando un rendimento del 24%, doppio rispetto a una settimana prima e rivelatore di una condizione di stress finanziario. In sostanza, il mercato non si fida della banca tedesca, che in passato ne ha combinate di cotte e di crude e il cui modello gestionale è stato tutto, tranne che equilibrato e improntato alla prudenza.

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