Sarebbe in arrivo un decreto ad hoc del governo Draghi o un emendamento alla legge di Stabilità 2022 per impedire d’ora in avanti i licenziamenti “selvaggi”, quelli operati dalle aziende tramite email, videochat come Teams e WhatsApp. Hanno fatto impressione alcuni casi di cronaca degli ultimi giorni, tra cui a Jesi (Ancona), dove Caterpillar ha comunicato il licenziamento di 260 dipendenti nel corso di un incontro con i sindacati e con l’obiettivo di delocalizzare la produzione in Polonia e Spagna.

Il mondo politico appare unanime sulla necessità di norme che obblighino le aziende a un trattamento più “umano” in fase di riduzione dell’organico. Stando alle indiscrezioni, una legge renderà obbligatorio per le aziende comunicare i licenziamenti individuali e collettivi almeno prima dei 90 giorni. Inoltre, non sarebbero ammesse comunicazioni “fredde” per email o altra modalità elettronica. Infine, almeno 60 giorni prima della data del licenziamento l’azienda dovrà avviare una trattativa con sindacati ed enti locali per gestire e minimizzare l’impatto delle proprie decisioni.

Un decreto “bon ton”, insomma. I licenziamenti “selvaggi” tramite email non andrebbero bene, per lettere sì. Ma non eravamo nell’era della digitalizzazione? Scherzi a parte, il problema è serissimo. Il governo Draghi vorrebbero risolverlo dando un’aggiustatina alla forma, come se al lavoratore fregasse il modo in cui sarebbe licenziato e non le conseguenze. D’ora in avanti, obbligo di convocazione in ufficio, lacrime agli occhi e pacca sulla spalla. Così si licenzia in Italia, perché noi siamo un popolo di cuore.

Licenziamenti selvaggi, ipocrisia italiana

Ora, prima di arrivare al parossismo della politica italiana, va fatta una premessa: le aziende che licenziano i dipendenti in maniera così disumana, è giusto che siano oggetto di stigmatizzazione sociale. In questi mesi, nel mondo abbiamo registrato diversi casi di aziende che si riempiono la bocca di parole come “equality”, “responsabilità sociale” (ESG) e “Lgbtqi+”, salvo comportarsi nel peggiore modo possibile con i propri dipendenti.

Il mercato dovrebbe sanzionare l’ipocrisia di tali soggetti, i quali sempre più spesso fingono sensibilità su tematiche popolari, al solo fine di sfuggire alla reprimenda dell’opinione pubblica per certe nefandezze commesse.

Detto questo, che neppure il governo Draghi finga di capire perché l’Italia sia e rimanga vittima delle delocalizzazioni, è preoccupante. Non sarà una legge che impedirà alle aziende di trasferirsi altrove, anche perché sempre più spesso stiamo assistendo a spostamenti non verso luoghi lontani, ma della stessa Unione Europea. Facciamoci una domanda e diamoci una risposta: perché produrre in Spagna o Portogallo sì e in Italia no? Costo del lavoro più basso? Non c’è solo la Polonia, dove eppure anche lì gli stipendi stanno tendendo ai livelli occidentali. C’è qualcosa di più profondo che spinge le aziende a voltare le spalle all’Italia: burocrazia, carenza di infrastrutture, giustizia lenta, inaffidabilità della politica locale e nazionale, alta pressione fiscale, clima poco “business friendly”.

Con tutto rispetto per chi si accinge a scrivere un decreto sul bon ton, che impiegasse meglio il proprio tempo. Come mai la Germania, dove gli stipendi medi sono ben più alti di quelli italiani, non solo non è vittima delle delocalizzazioni, ma riesce a mantenere tassi di occupazione sopra il 75% contro il nostro magro 58%? Alla fine del 2020, avevamo un PIL reale uguale a quello di metà anni Novanta. Abbiamo buttato nel bidone dell’immondizia un quarto di secolo e stiamo concentrando energie e tempo per normare la forma dei licenziamenti. Che forse la forma dei finti contratti di stage aziendali sia stata rispettata in tutti questi anni? O che i contratti a tempo determinato vita natural durante siano stati ineccepibili?

[email protected]