Da qui alla fine dell’anno, il Tesoro italiano dovrà rifinanziare debito pubblico in scadenza per poco meno di 197 miliardi di euro. I dati si possono desumere dagli stessi documenti pubblicati sul sito del Ministero di economia e finanza. Di questi, 74,5 miliardi sono BoT, cioè titoli di stato emessi con scadenza fino a 12 mesi.

Dunque, il calendario resta molto fitto per le aste sul mercato primario nella seconda metà dell’anno. E chiaramente il Tesoro dovrà emettere un quantitativo di debito ancora superiore, al fine di finanziare anche il deficit programmato per il 2021 e che dovrebbe superare i 200 miliardi di euro.

Nel primo semestre, le emissioni lorde a medio-lungo termine sono state pari a 196 miliardi. Ad occhio e croce, le emissioni lorde complessive entro dicembre ammonteranno a non molto meno di 300 miliardi.

Boom del debito pubblico, ma costi giù

Tremano i polsi anche solo a leggere simili numeri. Eppure, altri dati emersi con riferimento al primo semestre ci confortano: il costo medio di emissione è sceso dallo 0,59% del 2020 allo 0,17%. E al 31 marzo risultava sceso allo 0,11%, dopodiché ha risentito della risalita dei rendimenti sovrani su un po’ tutti i mercati. Questo significa che stiamo indebitandoci come mai negli ultimi 30 anni in rapporto al PIL, ma a costi mai così bassi.

In effetti, rispetto al 2020 il costo del nuovo debito pubblico italiano sarà di circa 820 milioni di euro in meno all’anno. Se il dato rimanesse invariato per il resto dell’anno, i circa 575 miliardi di euro raccolti entro dicembre ci costeranno intorno a 1 miliardo all’anno. Pensate solamente che se avessimo dovuto sostenere lo stesso costo del 2011 (3,61%), avremmo dovuto mettere in conto una spesa per interessi di oltre 20 miliardi. Il risparmio è sotto gli occhi di tutti, anche se non ha granché a che fare con le virtù dei nostri conti pubblici. Semmai, esso consegue a una politica monetaria molto espansiva della BCE, che tiene i tassi azzerati e acquista i bond nell’Eurozona, schiacciandone i rendimenti.

E paradossalmente, la spesa per interessi in valore assoluto potrebbe persino contrarsi ulteriormente in valore assoluto, grazie al fatto che il costo del debito pubblico di nuova emissione risulterà mediamente più basso di quello che andremo a rimborsare. Ad esempio, a marzo il Tesoro ha dovuto pagare quasi 24 miliardi di euro di capitale relativo a un BTp a 10 anni emesso nel 2010 con cedola 3,75%. Oggi, la medesima scadenza offre un rendimento di appena lo 0,80%.

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