Abituati come siamo a leggere ogni mese cifre sull’ennesimo record storico segnato dal nostro debito pubblico, molti di noi saranno rimasti positivamente attoniti leggendo l’altro ieri che lo stock nel mese di settembre sia sceso di 27,9 miliardi a 2.706,4 miliardi. Sono i dati pubblicati dalla Banca d’Italia con il consueto Supplemento finanziario al Bollettino statistico mensile. Insomma, abbiamo invertito la tendenza? Non è proprio così.

Se qualcuno di voi segue costantemente la pubblicazione dei dati mensili, saprebbe che ogni anno si ripete quanto si è puntualmente verificato a settembre.

Durante tutti i primi mesi dell’anno, il debito pubblico non fa che lievitare, come se la sua corsa fosse senza freni. Poi, una volta toccato l’apice in estate, inizia a ripiegare. Per quale motivo? E’ tutta una questione di liquidità. Il Tesoro ne accumula il più possibile, compatibilmente con le condizioni del mercato, durante la prima parte dell’anno, impiegandola negli ultimi mesi.

La corsa incontrollata del debito pubblico

Questa operazione avviene essenzialmente per due ragioni: mettersi al sicuro circa la capacità di reperire le risorse sufficienti per rifinanziare il debito pubblico in scadenza e il fabbisogno dello stato; sfruttare i mercati più liquidi nei primi mesi e meno in prossimità della chiusura dei bilanci da parte degli investitori istituzionali. E così, nei primi nove mesi del 2021, il debito pubblico italiano risulta cresciuto di poco più di 137 miliardi. Tantissimo, anche se meno dei 167,7 miliardi stimati dallo stesso governo.

La maggiore crescita del PIL nominale rispetto alle stesse stime ufficiali dovrebbe contenere l’indebitamento di 2,5-3 miliardi, ma resta il fatto che lo stock a fine anno si attesterebbe in area 2.730 miliardi. Questo significa che la corsa del debito pubblico non è affatto finita neppure per quest’anno, al netto di tutte le sorprese positive che potremmo ricevere sul piano dell’andamento dei conti pubblici nell’ultimo trimestre.

E nel corso del prossimo triennio, è sempre il governo a prevedere che la montagna salirà a ridosso dei 3.000 miliardi, crescendo di oltre 250 miliardi rispetto al dato atteso per fine 2021.

Quali sono i fattori che incidono sul trend del debito pubblico? Essenzialmente, tre: l’andamento dell’economia domestica, di riflesso delle entrate statali; la politica fiscale con la sua gestione delle entrate e della spesa pubblica; i tassi d’interesse. Il terzo non è controllabile dal governo di turno, così come il primo lo è marginalmente, dipendendo perlopiù dalla congiuntura internazionale. La stessa politica fiscale non è del tutto dipendente dai desiderata dell’esecutivo, risentendo sia del ciclo economico, sia della necessità di offrire sostegno a famiglie e imprese nelle fasi avverse, nonché dai vincoli legali europei. Insomma, il futuro anche a breve del nostro debito pubblico è solo parzialmente nelle nostre mani.

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