Lo spread oltre 300 punti è frutto della fuga degli investitori stranieri dal nostro debito pubblico, con deflussi stimati per complessivi 60 miliardi di euro da maggio a oggi, ovvero con l’avvio delle trattative tra Lega e Movimento 5 Stelle per fare nascere il nuovo governo. A settembre, il rendimento medio dei 1.980 miliardi di euro di titoli di stato circolanti è salito mediamente al 2,3% dall’1,4% di aprile. Per il Tesoro, non proprio un salasso immediato, visto che il debito ha una vita media di 6,9 anni e impiega tale tempo prima di essere del tutto rinnovato.

Tuttavia, il prossimo anno arrivano a scadenza BTp per 210 miliardi di euro, mentre il deficit da finanziare ammonta ad altri 40 miliardi. A questi si aggiungono i BoT, titoli della durata massima di 12 mesi, che fanno lievitare le emissioni totali in area 370 miliardi di euro, meno della media degli ultimi anni, ma una cifra comunque notevole, considerando le tensioni finanziarie attorno all’Italia.

La Russia di Putin voleva fregare Trump sul debito USA, ecco perché non ci è riuscita

L’altro ieri, in visita a Mosca, il premier Giuseppe Conte ha ricevuto un assist mediaticamente importante dal presidente russo Vladimir Putin, il quale non solo si è detto convinto che Roma risolverà i suoi problemi, ma ha anche chiarito che “non esiste alcun impedimento per investire in titoli di stato italiani”. La Russia ci ha sostanzialmente offerto il suo sostegno tramite l’acquisto possibile dei bond. Come? Il Tesoro moscovita dispone di un fondo sovrano da 76 miliardi di euro, pari a circa 65 miliardi di euro. Di questi, appena un decimo potrebbe essere investito in Italia, cioè qualcosa come soli 6-7 miliardi, il 2% delle emissioni lorde attese per il prossimo anno. Sarebbe un aiutino, mica un sostegno reale.

Questo lo sa pure Putin. La Grecia, legata sul piano politico e persino culturale-religioso a Mosca, da anni sventola a vuoto a Bruxelles la minaccia di rivolgersi al “nemico” russo per ottenere aiuti finanziari, ma aldilà della disponibilità teorica, il Cremlino non è mai intervenuto in soccorso di Atene.

Perché dovrebbe stavolta? L’Italia è geo-strategicamente più importante della Grecia, non fosse che per le sue dimensioni. Intervenendo con spiccioli a sostegno dei nostri BTp, Putin farebbe uno smacco ai commissari, i quali finirebbero additati agli occhi del mondo come responsabili dell’ingresso di capitali sgraditi sul mercato sovrano europeo. Ripetiamo, però, che gli acquisti russi non darebbero alcun sollievo reale e duraturo all’Italia.

Zio Sam batterà un colpo?

C’è per noi un’altra carta da giocare: Donald Trump. Il presidente americano già in occasione della visita di Conte a Washington aveva offerto il suo sostegno ai nostri BTp dal 2019. I mercati hanno ignorato il segnale, anche perché ritenuto non credibile. L’America non dispone di un fondo sovrano, nemmeno uno piccolo come quello russo. Dunque, a cosa si riferiva Trump? Ad oggi, si ritiene che il suo fosse più un invito rivolto alla finanza americana perché investa nel nostro Paese. Pertanto, la Casa Bianca si limiterebbe a una qualche forma di “moral suasion”, nel caso in cui le tensioni finanziarie montassero a Roma. In realtà, il Tesoro USA dispone di uno strumento per intervenire: l'”Exchange Stabilization Fund”. Istituito nel 1934 con il “Gold Reserve Act”, esso consente al governo americano di perseguire obiettivi sul cambio senza intaccare l’offerta di moneta domestica.

Perché l’America e non la Russia ci aiuterebbe con lo spread

Il soccorso a stelle e strisce

Nel 1994, l’amministrazione Clinton lo utilizzò per concedere prestiti in forma di “swaps” valutari e garanzie per 20 miliardi di dollari al Messico, allora in preda a una crisi valutaria e legata al debito. Il fondo è dotato di assets per 105 miliardi di dollari, comprensivi di 58 miliardi di diritti speciali di prelievo all’FMI.

Nemmeno in questo caso, il debito italiano sarebbe del tutto al sicuro, a meno che tutti gli assets dell’ESF fossero utilizzati per soccorrerci. E il sollievo, comunque, durerebbe per un solo anno. Tuttavia, dovremmo evitare di fare ragionamenti solo ragionieristici. Se l’America scendesse in campo per aiutare l’Italia, otterrebbe un triplo effetto: rassicurerebbe i mercati finanziari sulla solidità del nostro debito e i fondi di investimento stranieri tornerebbero a comprare BTp; spingerebbe l’Europa ad ammorbidire la propria posizione verso Roma, perché sul piano politico Bruxelles subirebbe un’umiliazione devastante. Di fatto, la Casa Bianca entrerebbe in casa della UE per togliere le castagne dal fuoco a uno dei suoi stati membri e come risultato disgregherebbe ulteriormente le istituzioni comunitarie, visto che a quel punto Roma si allontanerebbe ancora di più dai partner europei e si avvicinerebbe all’America; infine, giustificherebbe la misura al Congresso con la necessità di non rafforzare troppo il dollaro, visto che gli acquisti di BTp farebbero apprezzare l’euro.

Non potremmo nemmeno escludere che nel caso in cui Washington intervenisse acquistando BTp, altre potenze come la Cina seguano l’esempio. Pechino non si farebbe sfuggire l’occasione per dimostrare al mondo la sua abbondanza di risorse e per fare concorrenza agli USA nel cuore dell’Europa, al contempo diversificando gli impieghi delle sue immense riserve valutarie da oltre 3.000 miliardi di dollari, di cui i due terzi investiti in assets americani. In teoria, i cinesi avrebbero a disposizione centinaia di miliardi da investire in titoli di stato italiani, quando ad oggi già risultano primi o secondi creditori degli USA. L’Italia verrebbe messa in salvo dalla Casa Bianca per una questione strategica. Trump arriverebbe così davvero a rompere l’euro, ma non tramite un default rovinoso per i mercati finanziari di tutto il mondo e con conseguenze negative per la stessa America, quanto puntando al contrario sulla messa in sicurezza del nostro debito sovrano.

Certo, passare dalle parole ai fatti non sarà facile. In fondo, parliamo di un’opzione nucleare, che i capi di stato di USA, Cina e persino la Russia non hanno inteso ancora utilizzare, conservandola forse come carta da lanciare sul tavolo nel caso in cui il gioco si facesse davvero duro.

La verità scomoda per l’Europa sul debito pubblico italiano, esploso per salvare l’Occidente

[email protected]