Tra qualche giorno, il governo Draghi taglierà il traguardo dei primi 10 mesi. Ad oggi, la luna di miele con la stampa e ampie fette dell’elettorato sembra perdurare. Non passa un solo giorno senza che un qualche giornale ci faccia il resoconto dei “miracoli” di Super Mario. Una classe politica modestissima fa apparire gigante chiunque si limiti persino a fare l’ordinario.

A favore del premier Mario Draghi depongono alcuni numeri. Anzitutto, la crescita attesa del PIL italiano è salita al 6% per quest’anno.

Secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI), sarebbe del 5,8%. Al di là di qualche decimale, si tratterebbe del ritmo più elevato da svariati decenni a questa parte. Merito del governo? Molti giornali ci tengono a far notare come il PIL tedesco crescerebbe molto meno del nostro, atteso a +4,6% dall’FMI. Se questo è vero, bisogna guardare ai dati di partenza. L’Italia ha perso nel 2020 8,5 punti di PIL. Tra le grandi economie, peggio hanno fatto solo Spagna (-10,8%) e Regno Unito (-9,8%).

Ebbene, facendo qualche semplice calcolo scopriamo che alla fine di quest’anno il PIL tedesco sarà al 98,4% dei livelli pre-Covid, quello francese al 97,9%, quello britannico al 96,3% e quello italiano al 96,5%. In sostanza, non staremmo facendo affatto faville, ma resteremmo indietro rispetto a Francia e Germania, le prime due economie dell’Eurozona. Certo, un rimbalzo così vigoroso non era scontato, visto cosa accadde dopo il 2009, anno della crisi finanziaria mondiale.

I meriti del governo Draghi

A questo punto, dobbiamo chiederci cosa vi sia di Draghi in questa crescita “super”. Possiamo affermare che egli abbia l’indubbio merito di avere creato certezze sul fronte della gestione della crisi pandemica ed economica. Per questo, l’umore di imprese e consumatori è migliorato e ciò sta aiutando la ripresa di consumi e investimenti. L’affievolirsi dello scontro politico rende le misure varate dall’esecutivo molto meno incerte.

Con il governo Conte eravamo abituati a polemiche infinite e a decisioni erratiche, che finivano per disorientare le famiglie.

Ma va anche detto che finora Draghi ha potuto tirare avanti anche grazie al deficit alle stelle programmato per reagire alla crisi. Probabilmente, visto il miglioramento in corso dell’economia oltre le precedenti previsioni, il disavanzo fiscale scenderà vicino al 9% da quasi il 12% atteso a inizio anno. Siamo tutti bravi a stimolare la crescita a colpi di debiti. Per onestà, però, bisogna ammettere che il successo della campagna vaccinale starebbe aiutando non poco la ripresa economica. Ad oggi, abbiamo relativamente pochi contagi e morti per Covid, un fatto che sta tenendoci alla larga da nuove restrizioni.

E’ stato merito di Draghi se le vaccinazioni sono andate spedite? Più del 72% della popolazione italiana risulta completamente vaccinata, meno dell’80% della Spagna, ma più del 68% della Francia e del 66,5% della Germania. Senso di responsabilità degli italiani o maggiore capacità di convincimento del governo con le buone o (vedi green pass) con le cattive? Nessuno può dirlo con assoluta sicurezza. Fatto sta che i risultati ci sono ed è giusto riconoscerne il merito a chi li ha conseguiti.

I limiti di Super Mario

Tuttavia, il governo Draghi sembra efficiente quando si tratta di affrontare questioni tecniche e apolitiche, mentre quando si passa ai temi che incidono sulla carne viva della politica, la sua immagine si appanna. Su Monte Paschi di Siena ha rimediato una brutta figura, avviando le trattative per la cessione di Unicredit, salvo rompere dopo quasi due mesi di negoziato. Il futuro della banca resta incerto. Con l’ormai defunta Alitalia non è andata granché meglio. ITA Airways è nata dalle sue ceneri, ma non esiste un piano credibile per sperare in un nuovo corso aziendale.

E l’altro giorno è stata la volta del Ddl Concorrenza.

Pagine e pagine di nulla. La misura più attesa riguardava le liberalizzazioni delle gare per le concessioni dei demani balneari. Alla fine, tutto rimane com’è, tanto che Bruxelles è tornata a minacciare sanzioni a carico dell’Italia per la mancata ottemperanza alla direttiva Bolkenstein. Il caso si pone sulla falsariga della riforma del catasto: criteri di calcolo rivisti per gli immobili, ma non si capisce a quale fine, dato che la tassazione rimarrà invariata almeno fino al 2026. Decidere per non decidere, così da tenere unite tutte le istanze contrapposte dei partiti della variegata maggioranza senza perdere l’appeal del “governo dei migliori”.

Sulle tasse non è andata meglio. Stanziati 12 miliardi di euro (a debito) per ridurre il carico fiscale, ma a decidere come sarà il Parlamento. Lasciamo che siano i partiti ad ammazzarsi tra loro alle Camere, tenendo fuori l’esecutivo dalle liti. In pratica, Draghi non ha deciso se dovrà essere tagliata l’IRPEF o l’IRAP e in quali modalità. Né può farlo, perché rischierebbe di perdere pezzi della maggioranza. Nel frattempo, reddito di cittadinanza rivisto solo nella forma, mentre sulle pensioni si guadagna un anno di tempo con quota 102 senza addivenire a una qualche soluzione strutturale per superare definitivamente le criticità della legge Fornero. Tutto questo, mentre restiamo in attesa di una riforma della Pubblica Amministrazione dopo il flop sulla giustizia. Tutte misure invocate dall’Europa per erogarci i fondi con il Next Generation EU. Del resto, i partiti per questo avevano ingaggiato Draghi. Non sembra che con questi chiari di luna stiamo svoltando nettamente.

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