Le elezioni amministrative sarebbero state una sfida indiretta tra la premier Giorgia Meloni e la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein. Sappiamo com’è andata a finire. Successo indubbio e totale per la prima, riconosciuto dall’avversaria. Ma i risultati elettorali non arrivano a casaccio. E’ molto prematuro fare un bilancio dell’azione del governo. Sono passati sette mesi dall’insediamento e obiettivamente è molto poco per trarre qualche conclusione significativa. Una cosa possiamo affermarla senza possibilità di essere smentiti: i dati economici sono migliorati dall’insediamento di Meloni a Palazzo Chigi nell’ottobre scorso.

Giù spread e inflazione

Badate bene, non stiamo sostenendo che siamo migliori grazie al governo, ma durante i suoi primi passi. Ciascuno di noi resta libero di fare le sue valutazioni. Prima ancora che la premier fosse nominata prima donna a capo di un governo italiano, c’era grande paura per lo spread. Accusata di “populismo” dalle opposizioni e gran parte della stampa, si temeva che i mercati finanziari avrebbero reagito malamente. E’ accaduto il contrario. La linea della prudenza fiscale imposta proprio da Meloni all’esecutivo ha convinto gli investitori. Lo spread, che misura il rischio Paese percepito, è sceso dai 250 punti dell’insediamento agli attuali 180 punti.

Ma gli italiani non mangiano spread a tavola. Non sono questi i dati economici che hanno premiato anche alle amministrative il centro-destra. Se c’è un tema avvertito da moltissimi anni dagli italiani è quello del lavoro. In quest’ultimo anno, però, ha preso il sopravvento l’inflazione dopo tre decenni di tregua. Il caro bollette ha devastato i bilanci familiari, mentre la spesa al supermercato rincarava a doppia cifra e tuttora cresce a ritmi sostenuti. Nell’ottobre dello scorso anno, l’inflazione italiana era salita al record dell’11,8%, mai così alta dal 1983. A maggio, risulta scesa al 7,6%. Guardando all’indice FOI, che segnala il livello dei prezzi per famiglie e operai, da quando Meloni è premier questi sono cresciuti dell’1,5%.

Non è poco in solo sette mesi, ma un deciso rallentamento dai picchi dei mesi passati. Su base annua, parliamo di un incremento inferiore al 3%.

Mercato del lavoro in crescita

Se i timori sull’inflazione iniziano a rientrare, pur con tutta la prudenza necessaria, i dati economici sul mercato del lavoro rallegrano. Tra ottobre ed aprile, il numero degli occupati è salito di 212.000 unità a 23.446.000. Il tasso di occupazione ereditato dal governo Meloni era del 60,5%. Ad aprile, segnava il nuovo record storico del 61%. Restiamo bassi nel confronto internazionale, ma stiamo perlomeno guadagnando terreno. In compenso, scende il numero degli inattivi, coloro che non lavorano e non cercano attivamente lavoro. Erano 12 milioni 757 mila nell’ottobre scorso, scesi a 12 milioni 517 mila in aprile. Il calo è stato di 260.000 unità. In termini percentuali, scendono dal 34,3% al 33,6%.

Positivo anche il dato sulla disoccupazione giovanile, sceso nello stesso semestre dal 23,9% al 20,4%. Invece, il tasso di disoccupazione si è mantenuto costante al 7,8%, livello minimo dal giugno 2009, fatta eccezione per i primi mesi di pandemia. In valore assoluto, risulterebbe un aumento del numero dei disoccupati di 18.000 unità a 1.986.000, segno che più persone stanno cercando lavoro per la speranza di trovarlo.

Nello specifico, i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato sono aumentati nel frattempo di 115.000 unità, quelli con contratto a termine di 37.000 unità. Dunque, sta salendo quella che molti definiscono un’occupazione “di qualità”, non precaria. Quanto ai lavoratori indipendenti, segnano anch’essi una crescita di 28.000 unità, tornando sopra quota 5 milioni.

Previsioni dati economici in miglioramento

Questo miglioramento risente dei dati economici più positivi delle previsioni. Il PIL è cresciuto dello 0,6% nel primo trimestre rispetto ai tre mesi precedenti e dell’1,9% su base annua. Nel periodo ottobre-dicembre, a causa del caro energia, il PIL era sceso dello 0,1% e salito dell’1,4% rispettivamente.

Nel secondo trimestre di quest’anno, la congiuntura resterebbe positiva, ma in rallentamento. Da notare la contrazione della manifattura, segno che l’alta inflazione stia iniziando a colpire consumi e produzione. Ad ogni modo, persino la severa Moody’s ha rivisto notevolmente al rialzo le previsioni di crescita per l’economia italiana nel biennio 2023-2024.

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