E’ lotta contro il tempo per i tre commissari nominati dal governo per cercare di salvare Alitalia. Luigi Gubitosi, Enrico Laghi e Stefano Paleari hanno comunicato l’intenzione di aprire la finestra per le manifestazioni d’interesse tra due settimane. Da quel momento, scatterà il periodo utile per presentare offerte, ma con i numeri snocciolati dallo stesso Gubitosi, prima di riceverne anche solo una, la ex compagnia di bandiera dovrà essere ripulita dalla “spazzatura” che si annida tra i suoi bilanci.

I numeri sono di quelli che fanno tremare i polsi a chiunque, perché quella che i commissari stanno cercando di sterzare è una gestione fallimentare, a tutti gli effetti il risultato di un management così incompetente da fare nutrire sospetti.

Partiamo dall’esercizio 2016: perdite conclamate per mezzo miliardo, ovvero per circa 1,37 milioni al giorno. Ma nei primi mesi dell’anno in corso, la situazione è degenerata ulteriormente, perché il periodo gennaio-marzo 2017 si è già chiuso con un rosso di 200 milioni, la media di oltre 2 milioni di perdite al giorno. Come segnala l’Ebit (risultato prima degli interessi e delle tasse), negativo per 336 milioni nel 2016, ad essere stata fallimentare in questi anni è non solo la gestione finanziaria della compagnia, bensì pure quella del “core” business. (Leggi anche: Il fallimento di Alitalia è di tutto il sistema-Paese)

Derivati pesano per 130 milioni

Al 28 febbraio scorso, poi, le passività di Alitalia ammontavano a 2,3 miliardi, quando la massa attiva arrivava appena a 921 milioni, poco più di un terzo del totale. Con questi numeri, non si va lontano e nessuno rileverebbe la compagnia nel suo insieme, come vorrebbero i commissari e lo stesso governo. Serve, quindi, pulizia, ovvero la creazione immediata di una “bad company”, che consenta alla parte sana di Alitalia di essere venduta più facilmente, sgravata ancora una volta dai debiti.

E quando si analizzano le cause della voragine dei conti della compagnia aerea, si scopre che i soli contratti derivati sui tassi di cambio e assicurativi sul prezzo del carburante avrebbero provocato perdite per 128 milioni di euro, dato che Alitalia comprerebbe oggi il carburante a 68 dollari al barile, quando il prezzo di mercato è di circa 20 dollari in meno.

Una scommessa a perdere del vecchio management, che segnala l’incompetenza di cui dicevamo prima, senza volere dubitare della buona fede profusa nella stipulazione di questi contratti. (Leggi anche: Anche il Venezuela di Maduro ha affossato i conti Alitalia)

Contratti leasing svantaggiosi

Ma nemmeno nella sfera commerciale, i vecchi amministratori si sono distinti per capacità. I contratti di leasing per gli aerei e quelli per la manutenzione, ad esempio, nell’insieme avrebbero pesato sui conti della compagnia per 96 milioni di euro all’anno in più rispetto a quanto avrebbero dovuto, costando ad Alitalia mediamente fino al +15% della concorrenza.

Annullare i contratti assicurativi unilateralmente potrebbe risultare un’operazione poco complicata per i commissari, se riuscissero a dimostrare che essi avrebbero natura finanziaria, mentre il problema si pone per i contratti di leasing, che non potrebbero essere stracciati dalla mattina alla sera e che richiederebbero semmai una rinegoziazione più favorevole per Alitalia. I contraenti, d’altra parte, non avrebbero grandi alternative, se non quella di vedere sfumare i contratti stessi nel caso di fallimento della compagnia aerea. (Leggi anche: Cosa insegna il fallimento dei capitani coraggiosi)

Incognita prenotazioni biglietti Alitalia

Per il resto, le scelte operate dal 2008, sotto i “capitani coraggiosi”, appaiono a dir poco demenziali. Alitalia si è integrata con Air One, nel tentativo di creare un vettore domestico forte, ma ha perso quote di mercato anche per i voli nazionali, a tutto vantaggio di compagnie low-cost come Ryanair e Easyjet, che sono passate dal 15% a oltre il 50%. Nel frattempo, la ex compagnia di bandiera è scesa al 41%, mentre detiene appena una quota di mercato dell’8-9% dei voli in Europa, avendo tagliato le rotte a medio e lungo raggio.

Se i costi preoccupano, non va bene nemmeno sul fronte dei ricavi. A fronte della media di 2 milioni di passeggeri al mese, la compagnia ha al momento in attivo 4,9 milioni di biglietti prenotati. Il governo ha stanziato un prestito-ponte da 600 milioni, sufficiente per i commissari ad assicurare l’operatività aziendali per altri sei mesi. E poi? Se lo chiedono anche i passeggeri, che non starebbero prenotando per oltre la stagione estiva, temendo che la compagnia resti a terra. Dalle agenzie di viaggio e i tour operators è allarme, perché registrano un crollo delle prenotazioni con Alitalia da ottobre in poi. E i commissari, nell’impresa di massimizzare le entrate nella stagione estiva, quando si suppone che gli aerei viaggino pieni, hanno inasprito al massimo le tariffe dei biglietti, eliminando qualsiasi sconto e promozione, ma forse incoraggiando i passeggeri a rivolgersi ad altre compagnie, ove possibile. (Leggi anche: Voli Alitalia, biglietti a rischio e caos passeggeri)

Tentativo di accollare Alitalia a Trenitalia

Domani, incontreranno i sindacati in un incontro non facile, perché i commissari hanno fatto presente che saranno chiesti sacrifici ai lavoratori e che per loro le scelte aziendali non saranno indolori. E Gubitosi confida di trovare come possibile partner strategico per il rilancio della compagnia Trenitalia, prendendo atto che Ferrovie dello stato non appaia interessata. L’obiettivo del commissario sarebbe la creazione di un sistema integrato dei trasporti italiani, anche se come vi preannunciavamo pochi giorni fa, il rischio è che la crisi di Alitalia venga fatta pagare due volte agli italiani: attraverso un prestito-ponte forse mai interamente rimborsato e riducendo la concorrenza dei treni, che nella sola tratta Roma-Milano ha sottratto oltre tre milioni e mezzo di passeggeri alle compagnie aeree con l’alta velocità. (Leggi anche: Salvare Alitalia a tutti i costi, ecco il piano renziano)