Occupazione in risalita in Italia e ad agosto rivede quota 23 milioni di unità, il livello più alto dal 2008, anno in cui si era registrata una percentuale record di lavoratori occupati, pari al 53,8% del totale della popolazione in età lavorativa di allora. Al momento, il tasso si attesta al 58%, tra i più bassi tra tutte le economie avanzate, di circa 9,5 punti inferiore alla media OCSE e al 66% dell’Eurozona. Il miglioramento c’è, ma gioire per numeri così negativi non sarebbe intelligente.

Se in Italia avessimo lo stesso tasso di occupazione della media dell’area euro, risulterebbero occupate oltre 3 milioni di persone in più. Se, poi, fossimo come la Germania, i posti di lavoro sarebbero, addirittura, quasi 7 milioni in più. Numeri, che ci fanno capire come il vero problema del nostro mercato del lavoro non sarebbe la disoccupazione in sé – fenomeno legato all’andamento ciclico dell’economia e che non tiene conto dei cosiddetti “scoraggiati” o inattivi – bensì proprio la bassa occupazione.

Ma davvero non c’è modo per alzare il numero degli occupati nel nostro paese? Dobbiamo rassegnarci a restare fanalino di coda dell’Europa e di tutto il mondo ricco? Con le giuste misure, no. Si parla da mesi di tagliare il cuneo fiscale, ovvero quella tassazione che s’interpone tra lo stipendio percepito dal dipendente e il costo del lavoro sostenuto dall’impresa. Sembra la strada giusta da percorrere, senonché le risorse stanziate allo scopo sarebbero al limite del ridicolo e verrebbero reperite, alzando probabilmente l’imposizione fiscale sui consumi, attraverso l’aumento delle aliquote IVA. E in una fase di già debole ripresa della domanda interna, sarebbe una mossa alquanto poco furba. (Leggi anche: Aumentare l’IVA per tagliare le tasse sul lavoro, ricetta di Padoan per il disastro)

Tasse sul lavoro altissime in Italia

Che bisognerebbe tagliare le tasse sul lavoro lo spiegherebbero questi dati.

Secondo la ricerca annuale di PricewaterhouseCooper, Paying Taxes 2017, riferita ai dati sul 2015, la tassazione media totale sostenuta dalle imprese in 190 economie del mondo sarebbe del 40,6%. Le differenze tra stato e stato appaiono, però, elevatissime. Si consideri la sola Europa, dove si passa un “total tax rate” del 20,8% del Lussemburgo al 62,8% della Francia. L’Italia è seconda per peso delle tasse alla sola Francia con il 62%.

Interessante studiare la ripartizione di questa tassazione. Scopriamo, ad esempio, che anche in questo caso ci collochiamo in testa alla classifica per peso delle imposte sul lavoro. Queste ammontano al 53,5% del totale in Francia, al 48,9% in Belgio e al 43,4% in Italia. A titolo di confronto, esso si attesta appena al 10,9% nel Regno Unito e Malta, al 12,2% in Irlanda e al 13,4% a Cipro. E’ evidente come alcune economie volutamente tengano basse le aliquote sul lavoro, al fine di stimolare l’occupazione. Con quali risultati?

Il legame tasse-lavoro

Partiamo dai paesi con i più alti tassi di occupazione in Europa. In Islanda si ha il record dell’87,1% a fine 2016. Qui, le tasse sul lavoro sono appena del 18,3%. Seguono la Svizzera con l’80,2% e un peso del 17,7% sul lavoro, l’Olanda con il 75,2% e il 19,4% rispettivamente, la Germania con il 75% e il 21,3% e il Regno Unito con il 73,7% e il 10,9%. In basso alla classifica per occupati, invece, troviamo l’Italia con il 57,4% a fine 2016 e il 43,4% di incidenza fiscale sul lavoro, la Grecia con il 52,1% di persone impiegate in età lavorativa e una tassazione sul lavoro al 27,7%, la Spagna con il 60,1% di occupazione e un peso del 35,9% sul lavoro, il Belgio con il 63,3% e il 48,9% di tassazione e la Francia con il 64,2% di occupazione, a fronte di una tassazione del lavoro del 53,5%.

Quanto alle tre economie con la tassazione sul lavoro tra le più basse in Europa (Malta, Irlanda e Cipro), troviamo tassi di occupazione rispettivamente al 65,8%, 65,4% e 63,3%.

Non siamo in alto nella classifica, ma nei pressi della media continentale. In ogni caso, percentuali nettamente superiori a quelle dell’Italia. E si consideri che parliamo di economie ancora relativamente più povere dell’Italia. Per quanto non sembri sussistere una correlazione negativa perfetta tra tassazione sul lavoro e tassi di occupazione, emerge nitidamente che le economie con più occupati sono anche quelle che tassano meno il lavoro, mentre quelle con minori occupati sono le più tassaiole. Chiunque vinca tra pochi mesi le elezioni politiche in Italia non potrà pensare di sfuggire a questo dato. Non esistono ricette mirabolanti per rilanciare il lavoro nel nostro paese, se non quella di un taglio netto del cuneo fiscale. Resta affidato ai governi il compito di trovare le risorse. (Leggi anche: L’imbarazzante ripresa del lavoro in Italia in due grafici)