Gli stipendi stanno rimanendo fermi, mentre l’inflazione vola. A settembre, è schizzata all’8,9%, il dato più alto dal 1985. I redditi perdono potere di acquisto e non ci stupisce che anche il mese scorso i conti correnti degli italiani si siano svuotati. Erano a 1.836,3 miliardi di euro, in calo dai 1.853,1 miliardi di agosto. Un calo di quasi 17 miliardi, che segue i -20 miliardi del mese precedente. In altre parole, rispetto all’apice di luglio, le nostre giacenze in banca sono diminuite di circa 37 miliardi.

Difficile affermare se tale riduzione sia addebitabile alla crisi. Poiché i beni di consumo e i servizi costano di più, probabile che molte famiglie abbiano dovuto attingere ai risparmi per pagare le utenze domestiche come luce e gas.

Può anche essere che, finite le restrizioni anti-Covid, gli italiani abbiano ripreso a viaggiare e uscire di casa a pieno regime. E così, starebbero anche tornando a spendere come fino agli inizi del 2020, quando i conti correnti disponevano di circa 260 miliardi di liquidità in meno.

Tassi su, non a favore dei clienti

Di certo c’è che il tasso medio praticato sui mutui di nuova erogazione è salito dal 2,07% di agosto al 2,17%, ai massimi da giugno 2016. Era all’1,26% poco prima del Covid. Del resto, i tassi Euribor ed Eurirs, a cui sono agganciati rispettivamente i mutui a tasso variabile e fisso, sono saliti ai massimi da circa un decennio. Per contro i tassi d’interesse non stanno affatto risalendo a favore dei risparmiatori. La media su conti correnti e deposito è salita solamente allo 0,50%. Ancora troppo poco per fare concorrenza a titoli come le obbligazioni.

E, infatti, assistiamo nel mese di settembre a una risalita degli investimenti realizzati nelle obbligazioni bancarie, che passano da 200,5 a 202 miliardi di euro. Le famiglie starebbero iniziando ad optare per forme d’investimento un po’ più rischiose, ma almeno un po’ remunerative, anziché lasciare il proprio denaro parcheggiato sui conti correnti.

Allargando lo sguardo, non si può non notare che il BTp a 10 anni, asset “a rischio zero” e termometro per il mercato del risparmio, offra in questi giorni un rendimento in area 4,75%.

Conti correnti “svuotati” da inflazione

Il meglio per i titolari dei conti correnti arriverebbe nei prossimi mesi, quando la BCE probabilmente chiuderà definitivamente i rubinetti della liquidità alle banche sinora tenuti aperti con le aste T-Ltro. Gli istituti torneranno a doversi rivolgersi essenzialmente ai clienti per ottenere liquidità, per cui offriranno conti deposito sempre più allettanti in termini di interessi legati alla durata delle giacenze vincolate. D’altra parte, se l’attività economica rallenterà per effetto del caro energia, ci saranno minori investimenti, per cui le banche avranno bisogno di poca liquidità da prestare al mondo delle imprese e alle stesse famiglie.

In conclusione, i conti correnti inizierebbero a dimagrire per la maggiore concorrenza degli asset come i titoli di stato, divenuti redditizi come mai negli ultimi anni. I tassi praticati dalle banche a favore dei clienti non salgono vistosamente, dato che di liquidità continua ad esservene più che a sufficienza sul mercato. Rispetto a prima del Covid, infatti, anche quella depositata dai clienti resta nettamente maggiore. Infine, molti italiani intuiscono che con un’inflazione ormai prossima alla doppia cifra, tenere il denaro in banca significa lasciarlo esposto alla veloce erosione del potere di acquisto.

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