L’inflazione nell’Eurozona è salita sopra il 9% ad agosto, superando le stime degli analisti. I paesi dell’area sono tornati indietro di quaranta anni, alle prese con la corsa sfrenata dei prezzi al consumo. Una batosta per i risparmiatori che stessero tenendosi liquidi con il conto in banca. E, tuttavia, il maxi-rialzo dei tassi BCE che si prospetta la prossima settimana dovrebbe cambiare un minimo le carte in tavola a favore della clientela. Dopo il dato di agosto, sono diventate alte le probabilità che al board dell’8 settembre la BCE annunci un aumento dei tassi d’interesse dello 0,75% e non più solo dello 0,50% come fino a qualche giorno fa si prevedeva.

OK, ma tutto questo nel concreto cosa significa? Fino al 21 luglio scorso, nell’Eurozona imperavano dal 2014 i tassi negativi. Le banche che depositavano la liquidità in eccesso a Francoforte, non solo non ricevevano alcun interesse, ma addirittura finivano per pagare esse alla BCE fino allo 0,50% delle somme. A cascata, ciò ha avuto riflessi negativi sul conto in banca di ciascuno di noi. Le banche non avevano alcuna convenienza a detenere liquidità eccedente i rispettivi fabbisogni, in quanto essa si rivelava costosa. Peraltro, la stessa BCE prestava loro denaro a costo zero in via ordinaria e solamente allo 0,25% attraverso i prestiti marginali.

Conto in banca, cosa può cambiare da settembre

A luglio, la BCE ha azzerato i tassi sui depositi e alzato sopra lo zero quelli sui prestiti. Per le banche prendere in prestito denaro da Francoforte inizia a costare un po’, mentre depositarvi denaro non comporta più alcuna penalità. E dal prossimo board, la situazione sarà ancora più definita: parcheggiare liquidità in eccesso sarà remunerato allo 0,50-0,75% all’anno e richiedere un prestito costerà alle banche tra 0,75% e 1%.

Per chi possiede un conto in banca, le condizioni di mercato si evolveranno positivamente.

Gli istituti di credito non avranno più grosse remore a raccogliere più liquidità dello stretto dovuto, così come troveranno più conveniente rivolgersi alla clientela anziché alla BCE. A questo punto, i tassi sui depositi vincolati potranno salire con maggiore convinzione rispetto ai mesi scorsi. Certo, tutto questo sta avvenendo a fronte di un’inflazione schizzata ormai sopra il 9%. Anche se una banca arrivasse ad offrirci l’1-1,50% per un vincolo a 12 mesi, la perdita di potere di acquisto potenziale sarebbe altissima. A meno di avere la fortuna di assistere a un azzeramento dell’inflazione da qui al medio termine, scenario – ahi noi! – poco probabile per il momento.

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