Non c’è solo la lira turca a impensierire i mercati finanziari. Se oggi la valuta di Ankara perde un altro 3%, scambiando a 6,45 contro il dollaro sulla sfiducia raccolta dalla banca centrale, che ha annunciato un piano per ridurre la liquidità alle banche senza passare ancora per un rialzo ufficiale dei tassi d’interesse, una delle economie più avanzate al mondo registra tensioni per il proprio cambio. La corona svedese si è indebolita oggi per la quinta seduta consecutiva contro la moneta unica, cumulando perdite pari all’8% da inizio anno.

Un euro compra adesso 10,7 corone, mai così tante dal giugno del 2009, nel cuore della grande crisi finanziaria che travolse il pianeta. Il declino della valuta scandinava non è recente, ma paradossalmente ha anticipato persino quello dell’euro e relativo all’allentamento monetario della BCE. Questo, perché la Riksbank del governatore Stefan Ingves si è imbarcata in una politica monetaria altrettanto espansiva subito dopo essere stata accusata di “sadomonetarismo” dal Premio Nobel per l’Economia, Paul Krugman, a causa dell’inflazione calante prima e della deflazione strisciante dopo, seguite al rialzo dei tassi tra il 2010 e la fine del 2011.

La Svezia ora teme la corona debole 

La prossima settimana, l’istituto si riunirà per comunicare le sue decisioni sui tassi e gli analisti credono che Ingves possa indietreggiare rispetto al suo impegno di varare una prima stretta già entro l’anno, rinviandola ancora. Questo sta indebolendo la corona svedese, che dall’apice contro l’euro toccato nell’agosto del 2012 ha perso più del 22%.

Rischi elettorali ed Europa

Ma non c’è solo la politica monetaria a tenere a colpire il cambio. Tra 11 giorni esatti si vota in Svezia per rinnovare il Parlamento e i sondaggi assegnano alla destra anti-UE dei Democratici Svedesi una percentuale di voti sufficiente a catapultarli in seconda posizione, alle spalle dei Social Democratici del premier Stefan Loefven, ma altre rilevazioni non escludono persino il sorpasso.

Il partito sta puntando la campagna elettorale sullo scontento diffuso per la gestione dei migranti, così come anche per reclamare l’indizione di un referendum sulla permanenza nella UE. Se è vero che nemmeno una vittoria netta della destra euro-scettica le consentirebbe di governare da sola e, anzi, forse nemmeno di andare in maggioranza, visto che i due schieramenti tradizionali escludono di allearvisi, è indubbio che potremmo assistere nelle prossime settimane all’ennesimo terremoto politico, stavolta in arrivo da Stoccolma. Peraltro, il centro-sinistra nel 2014 vinse le elezioni politiche per un soffio e senza ottenere la maggioranza assoluta dei seggi, governando solo per la benevola astensione delle opposizioni.

Altro motivo di preoccupazione riguarda l’andamento dell’economia europea nel suo complesso. La Svezia è una delle principali economie esportatrici al mondo, con vendite di beni e servizi all’estero per circa il 28% del suo pil, qualcosa come 135,5 miliardi di euro nel 2017. Più del 70% del suo export si ha verso il resto d’Europa, per cui se le economie del Vecchio Continente rallentano, come si nota negli ultimi mesi, i contraccolpi economici si avranno pure per il pil svedese, che negli ultimi anni è cresciuto a ritmi sostenuti, pari a una media del 3%. C’è da aggiungere che per la prima volta dopo 34 anni, dal 2016 la bilancia commerciale dell’economia scandinava mostra il segno meno, pur di poco. Naturale che sia così, essendo la crescita dei consumi domestici superiore a quelli nel resto d’Europa. In effetti, la crescita delle esportazioni nel decennio passato è risultata della metà rispetto a quella delle importazioni, pari +8,7% contro il +18,9%.

La Svezia rivuole il suo denaro contante

Con un’inflazione che sta centrando il target del 2% e una disoccupazione al 6%, la Riksbank non avrebbe molti margini di manovra, se non di alzare i tassi quanto prima da quel -0,5% a cui sono stati portati nel febbraio 2016.

Il rischio consiste altrimenti nel surriscaldare troppo l’economia, specie con un cambio che continuerebbe verosimilmente a indebolirsi, tendendo verso 11 contro l’euro. Difficile, però, che Ingves voglia legarsi le mani a 3 giorni dalle elezioni. Più facile che rinvii le sue decisioni al board di ottobre, mostrandosi flessibile sui tempi dell’avvio della stretta sui tassi.

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