Il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, aveva promesso 2.800 assunzioni nella Pubblica Amministrazione entro 100 giorni. Per questo, aveva indetto il famoso “Concorso per il Sud”, con l’obiettivo di reclutare giovani per svecchiare alcuni uffici nel Meridione. I risultati non sono stati entusiasmanti. Appena 821, meno di un terzo del totale, saranno le posizioni effettivamente ricoperte. Per le restanti 2.000 non si è trovato un vincitore.

Dei 102.000 candidati iniziali, appena 37.000 si erano presentati alle prove. Di questi, la maggior parte è risultata idonea per 2 delle 5 classi di concorso.

Alla fine, hanno superato la prova 1.484 candidati, ma per i profili di esperto in gestione, rendicontazione e controllo, funzionario esperto analista informatico e funzionario esperto tecnico, la gran parte delle posizioni rimarrà vuota.

Cosa non ha funzionato? Sembra clamoroso, ma per una volta tanto il posto statale nel nostro Paese non ha attratto sufficienti interessati. E in tempo di crisi per il Covid, dire che sia paradossale è poco. Eppure, è stato così. I contratti proposti con il Concorso Sud erano a tempo determinato e le retribuzioni offerte modeste. Secondo Brunetta, l’impianto era stato predisposto dal precedente esecutivo. Comunque sia, un buco nell’acqua.

Concorso Sud, le ragioni del flop

La Pubblica Amministrazione pensava e sperava di attirare “cervelli” con quattro noccioline e senza neppure la prospettiva di un contratto stabile. Le condizioni offerte sembravano adeguate ai profili dei neolaureati, senonché tra i requisiti fissati dal Concorso Sud vi erano non solo i titoli di studio, ma anche le esperienze professionali. In sostanza, lo stato voleva prendere due piccioni con una fava: giovani formati, con esperienze di lavoro alle spalle e che si sarebbero dovuti accontentare di bassi stipendi e un’offerta a tempo determinato.

In molti hanno detto “no, grazie”. Ed è un bene che sia accaduto. Accettare condizioni insoddisfacenti solo perché a proporle sia la Pubblica Amministrazione avrebbe confermato il pregiudizio che molti giovani italiani, specie meridionali, siano in cerca non di un posto di lavoro per crescere anche professionalmente, bensì del solito posto pubblico.

Pensate che solamente un quinto dei candidati (20,4%) al Concorso Sud aveva un’età fino ai 30 anni. Il 50,9% era di età compresa tra i 30 e i 40 anni, a conferma che in Italia per avere un minimo di esperienza professionale devi entrare negli “enta”.

Stipendi troppo bassi e contratti temporanei non saranno il volano per lo svecchiamento della Pubblica Amministrazione. Un tema che in questi mesi sta toccando con mano lo stesso settore privato, che con le riaperture non sta riuscendo sempre a trovare tutta la manodopera disponibile. Molti imprenditori lamentano la concorrenza del reddito di cittadinanza, che scoraggerebbe i giovani ad accettare lavori con retribuzioni medio-basse. Un locale a Mondello, nel palermitano, vorrebbe assumere 70 persone e ne ha trovate ad oggi appena la metà, di cui molti stranieri. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che il fenomeno avrebbe riguardato niente di meno che i polverosi uffici pubblici.

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