Prevale il segno più per i prezzi delle case vendute nelle diverse aree di Londra a ottobre. Nel complesso, risultano cresciuti dell’1% su base annua, quando nello stesso mese dello scorso anno erano diminuiti dell’1,1%. Non siamo a una svolta, ma il segnale ci sarebbe. Southwark guida la classifica dei rialzi nella capitale britannica, registrando il +2,5%, che si confronta con il -2,5% di un anno prima. Il calo maggiore si riscontra, invece, a Kensington e Chelsea (-1,5%), ma anche in questo caso in netto miglioramento rispetto al -3,9% di un anno prima.

Sterlina ai massimi dal referendum sulla Brexit e le case a Londra pagano pegno

Sempre in ottobre, stando a UK Finance, le erogazioni lorde di mutui sarebbero diminuite dello 0,9% su base tendenziale, attestandosi a 25,5 miliardi di sterline, il segno che quel mese ancora il mercato scontasse le incertezze relative a Brexit ed elezioni generali. Proprio la minore propensione delle banche a prestare denaro ha negli ultimi anni, e ben prima che si celebrasse il referendum sulla Brexit, ridotto la domanda di immobili in Inghilterra. Si consideri che nel 2014, i mutui arrivavano a finanziare valori commerciali fino a 7 volte i redditi dei richiedenti, mentre adesso non vanno oltre le 4 volte. In un certo senso, l’assestamento è stato salutare, perché i prezzi avevano corso troppo rispetto ai redditi e Londra esibiva una palese bolla immobiliare.

Fine delle incertezze con la vittoria di Johnson

Ma adesso, le incertezze sembrano essere state spazzate via dai risultati di una settimana fa, che hanno visto il trionfo dei Tories di Boris Johnson, i quali hanno conquistato la più netta maggioranza parlamentare dal 1987 e potranno così dare attuazione ai piani di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

La sterlina si era già ripresa prima delle elezioni, scontando la vittoria del premier uscente, rafforzandosi del 7,5% contro l’euro e salendo ai massimi da quasi 3 anni e mezzo contro la moneta unica e dalla primavera dello scorso anno contro il dollaro.

Questo avrebbe già creato valore per gli investimenti esteri, indipendentemente dalle variazioni dei prezzi degli assets britannici. Se la dinamica positiva del cambio proseguisse, essa amplificherebbe il beneficio di chi entrerebbe sul mercato inglese per comprare un immobile residenziale o commerciale a prezzi inferiori rispetto a qualche anno fa.

Brexit, le bugie che hanno portato Johnson alla vittoria e fatto crollare il “muro rosso”

E non bisogna guardare al solo fattore Brexit. I Tories si sono impegnati, ad esempio, a lanciare un nuovo mutuo a lungo termine e a copertura quasi integrale del valore di mercato dell’immobile, così da sostenere gli acquisti di prime case. Per contro, laburisti e liberaldemocratici, entrambi usciti con le ossa rotte dalle urne, avevano proposto l’innalzamento dell’imposta sui capital gain, la quale si sarebbe applicata anche alle plusvalenze immobiliari e avrebbe così colpito questo mercato. Certo, i Tories hanno lanciato in campagna elettorale la proposta di introdurre una sorta di tassa sugli acquisti di immobili da parte degli investitori stranieri, con l’obiettivo di disincentivare la speculazione e frenare i prezzi. Tuttavia, bisogna verificare con i fatti a chi verrebbe applicata (persone fisiche, fondi, società?) e in quali aree.

Non solo Londra

Ma quando si parla di mercato immobiliare, non dobbiamo commettere l’errore di pensare alla sola Londra. Esistono svariate realtà urbane, che negli ultimi tempi stanno segnando rialzi dei valori di vendita superiori alla media nazionale. Parliamo di Liverpool, Manchester, Birmingham e Leeds, tanto per citarne alcune, caratterizzate tutte dall’attuazione negli anni passati di progetti di riqualificazione in alcune loro aree, i quali hanno innescato un meccanismo virtuoso per case e uffici.

Resta qualche incognita sulla capitale, a causa delle divergenze ancora tutte da risolvere sul mantenimento dello status finanziario della City all’interno dell’Europa.

Ad esempio, continuerà a gestire il mercato dei derivati in euro? Per il momento, l’unica certezza è che quella migrazione di massa di banche, fondi e assicurazioni da Londra non c’è stata, anche perché di alternative credibili nel Vecchio Continente non ve ne sono. Francoforte, Parigi e la stessa Milano nemmeno lontanamente ospitano piazze finanziarie all’altezza di Londra e con una mentalità e cultura economico-giuridica dei rispettivi governi paragonabili ad essa.

C’è come la sensazione che dopo un triennio trascorso a sproloquiare sugli effetti nefasti della Brexit, tutti torneremo a fare i conti con la realtà e lo stesso mercato immobiliare londinese tornerebbe a crescere, sebbene sia stato e continui ad essere opportuno uno sgonfiamento delle quotazioni eccessive in certe sue aree, le quali hanno alimentato ultimamente un crescente malcontento dei residenti, costretti a spostarsi sempre più in periferia per permettersi il lusso di vivere nella capitale.

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