Il governo italiano ha tempo fino al 31 dicembre 2013 per adottare misure idonee per Pompei e l’Unesco ha tempo fino al 1 febbraio 2014 per valutare ciò che farà il governo italiano (per la preservazione del sito) e rinviare al prossimo Comitato Mondiale 2014 ogni decisione”. È il monito lanciato il 28 giugno dal Presidente della Commissione Nazionale Italiana Unesco, Giovanni Puglisi.

Pompei non è purtroppo un caso isolato, bensì l’emblema della cattiva gestione di un patrimonio culturale ed artistico tanto inestimabile quanto sotto-valorizzato. Basti pensare che nonostante la presenza di oltre 9 mila tra monumenti, aree archeologiche, musei e siti Unesco, il ritorno economico dei beni culturali italiani è significativamente inferiore a quello di Francia, Regno Unito e Stati Uniti.

La società di consulenza PwC ha stimato che i siti Unesco di questi Paesi generino, per esempio, un ritorno commerciale pari a 4, 7 e 16 volte quello italiano.

 

IL TURISMO È LA NOSTRA MAGGIORE INDUSTRIA NAZIONALE

Per uscire dalla crisi economica che sta mettendo a dura prova il nostro Paese sarebbe sufficiente investire sul nostro patrimonio storico-artistico. A parlare sono i numeri. Il settore del turismo genera 136 miliardi l’anno, pari all’ 8,6% del PIL, che salgono a 161,2 miliardi, cioè il 10,3% se si considera il settore allargato.

Il settore del turismo è dunque la maggiore industria nazionale. Occupa 2,2 milioni persone e vale più dell’auto, della moda e dell’arredamento messi insieme. Non solo. Il turismo presenta un vistoso surplus finanziario con l’estero: nei primi due mesi del 2013, dati di Banca d’Italia, il saldo positivo è stato di 554 milioni, in crescita rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

 

ECCO PERCHÉ I PRIVATI ITALIANI NON INVESTONO SULLA CULTURA ITALIANA

Secondo un recente rapporto redatto dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (“2012 Minicifre della cultura”), nel 2011 i privati hanno erogato soli 28,6 milioni per la cultura, ossia 3,5 volte in meno quanto raccolto dal Metropolitan Museum di New York (130 milioni di dollari) dai suoi 140 mila sostenitori privati.

Due sono i motivi che inducono i privati a non investire sulla preservazione “Made in Italy”:  il regime fiscale (e l’assenza di una gamma di incentivi) e la mancanza di credibilità – e quindi di trasparenza – da parte delle istituzioni e degli enti preposti alla gestione del nostro patrimonio artistico, elementi che hanno contribuito a rendere “donazione ” sinonimo di “versamento a fondo perduto”.

 

LA PROPOSTA AMBROSETTI: DUE SEMPLICI IDEE PER VALORIZZARE IL NOSTRO PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE

Per valorizzare il patrimonio artistico italiano e sfruttarlo come volàno per la crescita, The European House-Ambrosetti propone di creare una collaborazione con il settore privato (a) creando un sistema di concessioni di parte del patrimonio artistico italiano in cambio di un canone di concessione annuo e (b) assegnando parte degli asset dati in concessione ad un fondo di investimento a larga partecipazione statale.

Secondo l’organizzatore del Forum di Cernobbio, entrambe le iniziative stimolerebbero il turismo e il settore allargato, con effetti positivi non solo sul PIL ma anche sulla preservazione di quel patrimonio culturale, paesaggistico e storico di cui forse inconsapevolmente disponiamo.


Stefano Fugazzi è anche l’autore di “IDEE PER L’ITALIA: abbattere il debito pubblico per restituire allo Stato la sovranità in politica economica” (http://www.lulu.com/spotlight/stefanofugazzi).

Il saggio verrà ufficialmente presentato a Roma presso la Link Campus University il prossimo 9 luglio alle ore 17,30. Alla presentazione contribuiranno, tra gli altri, anche il Prof. A.M. Rinaldi, l’ex ministro Prof. V. Scotti e il Sen. R. Ceroni della Commissione Bilancio.