Ammonterebbe a 150 miliardi di euro il denaro depositato presso le cassette di sicurezza delle banche italiane, una cifra che corrisponderebbe a circa l’8% del pil. Si tratta di somme quiescenti, le quali probabilmente sono destinate a rimanere tali anche per lunghi anni, in quanto farli uscire del tutto e velocemente allo scoperto rischierebbe di costare caro ai titolari. Immaginate di essere nei panni di un grande evasore fiscale, che in una cassetta di sicurezza in banca abbia depositato 100 pezzi da 500 euro.

Dalle cassette di sicurezza uscirebbero banconote da 500 euro col condono di Salvini

Se li versaste in un solo colpo sul conto corrente, scatterebbe la segnalazione dell’istituto alla Banca d’Italia, che inizierebbe ad indagare per sospette operazioni di riciclaggio. E un attimo dopo si accenderebbero i fari anche degli agenti del fisco, con la conseguenza che verreste prontamente convocati alla filiale più vicina dell’Agenzia delle Entrate e messi sotto torchio per spiegare da dove arrivi il denaro sospetto. Senza spiegazioni convincenti, le somme verrebbero sottoposte a tassazione Irpef, sanzioni e interessi, perché nel migliore dei casi verreste accusati di evasione fiscale, nel peggiore di attività illegali, con tanto di indagini penali.

Giusto assumersi le responsabilità delle proprie azioni, ma mostrare il volto feroce e impedire a questi 150 miliardi di fluire nell’economia, trasformandosi in consumi, investimenti o risparmi ufficiali appare una follia con un pil fermo e sotto i livelli pre-crisi. Le ipotesi di queste settimane per favorirne l’emersione non convincono affatto. Si parla di sottoporre a tassazione il 30-50% delle somme e di obbligare l’investimento in BTp per la parte rimanente e per un periodo di almeno 5 anni. Non funzionerebbe. Anzitutto, perché l’imposta sarebbe comunque potenzialmente elevata sulle somme più alte e, poi, perché mai far emergere il contante in nero per imbrigliarlo in un investimento forzoso a medio-lungo termine?

La via del condono totale

L’unica strada da percorrere per svuotare le cassette di sicurezza sarebbe quella più semplice: condono assoluto.

Niente tasse, niente sanzioni, niente interessi e nessuna indagine penale. Molti di voi si chiedono se sia moralmente corretta una simile impostazione, che finirebbe per consentire forse anche a criminali e grandi evasori di farla franca. A queste perplessità rispondiamo con una domanda: per caso, tenere dormienti tutti questi miliardi e farli emergere col contagocce non si traduce ugualmente in una scappatoia per chi abbia violato la legge, con l’aggravante di nemmeno renderli utili all’economia italiana? Ciò di cui avremmo bisogno sarebbe una scossa, uno shock espansivo della domanda e/o della produzione e, in assenza di stimoli fiscali, sarebbero solo questi movimenti autogeni a renderlo possibile.

Guerra al contante, ecco perché la tassa sulle cassette di sicurezza è illiberale

E una volta emersi, i contanti oggi nelle cassette di sicurezza genererebbero gettito per lo stato tendenzialmente fisso, in forma di IVA sui consumi, Irpef sui redditi maturati, contributi previdenziali sul lavoro, etc. Infine, verrebbero monitorati dalle autorità per verificare che non sarebbero più impiegati per finalità illecite. Certo, con ogni probabilità non uscirebbero allo scoperto ugualmente tutti in un attimo, ma almeno in un arco di tempo ristretto e tale da fare massa critica e spronare il nostro gelido pil.

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