Numeri drammatici emergono dal rapporto Anec sul “Cinema in Sala 2017”. Ai botteghini in Italia sono crollati gli incassi e il numero dei biglietti venduti, lo scorso anno. Complice anche un calo delle produzioni proiettate sui maxi-schermi, sono stati incassati poco meno di 585 milioni di euro dai 662 milioni del 2016 e si sono registrate 92,3 milioni di presenze, i peggiori risultati dal 2014, in calo su base annua rispettivamente dell’11,6% e del 12,4%. Ma è il dato sui film italiani a sbalordire in negativo: incassi per 103,15 milioni per le 216 pellicole made in Italy (-89 milioni), pari a un pesante -46,4%.

Ad averli visti sono stati 16,9 milioni di persone per 13,3 milioni di biglietti venduti. La quota di mercato del cinema italiano è così crollata dal 28,7% al 18,3%. (Leggi anche: Cinema gratis per tutto il 2018: ecco come e per chi)

Certo, sui risultati magri ha influito anche l’assenza di Checco Zalone, che a inizio 2016 aveva incassato 65,3 milioni con il suo “Quo Vado”. E “Perfetti Sconosciuti” era stato una rivelazione, incassando altri 17,3 milioni. Senza questi successi, il cinema tricolore ha arrancato e pure tanto. Solamente due pellicole hanno superato i 10 milioni di incassi e per un pelo: “L’ora Legale” con 10,4 e “Mister  Felicità” con 10,2 milioni, piazzandosi rispettivamente al nono e decimo posto per incassi nell’intero anno, dietro a ben otto film americani. La classifica è guidata da “La Bella e la Bestia” con 20,5 milioni. Nella top 30, troviamo soltanto un altro film italiano al 28-esimo posto. E’ “Poveri, ma Ricchissimi” con 5,2 milioni di euro. E Hollywood ha confermato il suo dominio con 387,6 milioni di euro incassati (+5,2%) e 60,1 milioni di presenze, attestandosi a una quota di mercato del 66,3%. In pratica, i due terzi degli incassi riguardano pellicole USA e meno di un quinto produzioni nazionali.

Sale vuote per il cinema italiano

Dunque, riassumendo: le sale italiane hanno incassato 77 milioni in meno dell’anno prima, ma solo ed esclusivamente per i -89 milioni delle 216 pellicole di produzione nazionale.

Dunque, mediamente un film ha incassato lo scorso anno 1,09 milioni di euro, ma quelli italiani crollano ad appena 478.000 euro. E dire che il nuovo fondo istituito con criteri apparentemente più meritocratici dal ministro Dario Franceschini per non meno di 400 milioni di euro all’anno era stato studiato proprio per sostenere il cinema italiano, che a questo punto vivrebbe essenzialmente di sussidi, dati gli incassi ridicoli mediamente registrati ai botteghini. E una legge nazionale impone alle piattaforme digitali di distribuire anche pellicole e serie TV italiane, un modo come un altro per reagire al boom di Netflix, che è riuscito ultimamente a portare al successo persino una serie tedesca, “Dark”.

I dati, però, parlano chiaro. Gli italiani non guardano film italiani e la concorrenza spietata di Hollywood e dei suoi mega-bilanci non c’entrano, come dimostrano i successi proprio di Zalone, che evidentemente riescono a portare nelle sale un vasto pubblico per la specificità dei temi trattati, senza la pesantezza del cinema autorale nostrano, che pretenderebbe di fare numeri con produzioni da sbadiglio e che nei fatti ripiega sugli aiuti statali per sopravvivere con produzioni che guarderanno in pochi intimi. Manca la capacità di osare anche nei tempi. L’Italia ha smesso di andare al cinema in estate, con i mesi di giugno, luglio e agosto a pesare solamente per l’11,7% degli incassi totali realizzati, in pratica performando a meno della metà della media mensile. Viceversa, il periodo più propizio si conferma il primo trimestre con il 35,2%.

E se fossero proprio gli aiuti pubblici ad avere peggiorato la qualità delle produzioni nazionali, tenendo in vita produttori e registri sussidiati, ma senza pubblico? E se alla fine i fondi del ministero finiscono per impigrire anche i più bravi, recidendo o allentando il legame con il mercato? Una cosa è sicura: gli italiani ignorano i film nostrani e chi li produce dovrebbe fare mea culpa.

Come spesso capita nel nostro Paese, però, vedrete che la reazione del settore sarà la richiesta di maggiori stanziamenti pubblici e leggi più restrittive contro la concorrenza straniera. In fondo, molti in questo mondo dovrebbero cambiare mestiere se dovessero vivere di mercato. (Leggi anche: Realtà virtuale, in futuro anche il cinema potrebbe sfruttare la tecnologia VR)