Mercoledì 12, da ITA Airways (ex Alitalia) sono arrivate notizie raccapriccianti. Il Consiglio di Amministrazione, con 6 voti su 9, ha tolto tutte le deleghe operative al presidente Alfredo Altavilla, assegnandole all’amministratore delegato Fabio Lazzerini. Altavilla ha annunciato che ha chiesto parere al collegio sindacale. Il manager sostiene che il CDA non abbia titolo per disporre delle sue deleghe, mentre ne avrebbe l’assemblea dei soci, convocata per l’8 novembre. In quella data, tra l’altro l’assise dovrà approvare anche i conti del primo semestre che si annunciano drammatici.

Le perdite sono attese nell’ordine dei 2 milioni di euro al giorno. In pratica, circa 350 milioni di rosso in sei mesi dopo i 148 dei primi due mesi e mezzo di vita.

Questo caos arriva nelle stesse settimane in cui ITA tratta con il fondo Certares sulla privatizzazione. E non è una coincidenza. Il pomo della discordia tra Altavilla e il CDA riguarda proprio l’identikit dell’acquirente della ex compagnia di bandiera. Non è un mistero che il presidente privilegiasse la cordata MSC-Lufthansa, mentre gli altri vertici propendono apertamente per la cordata che vede coinvolte le compagnie Delta Airlines ed Air France. A sorpresa, proprio quest’ultima si è aggiudicata l’esclusiva del negoziato.

Altavilla è accusato dal resto della compagnia di rallentare la privatizzazione. Egli avrebbe impedito il pieno accesso alla data room alle due compagnie interessate all’acquisizione. Praticamente, esse non sarebbero messe a totale conoscenza delle informazioni su ITA. Il presidente sostiene che non ne avrebbero titolo, in quanto formalmente sono solo alleate di business di Certares, non facenti parte di una vera cordata volta all’acquisizione. E vuole evitare che attuali concorrenti di ITA entrino in possesso di dati sensibili con il rischio che ne facciano uso per avvantaggiarsene proprio contro la compagnia italiana.

Caos ITA, Altavilla spera nel governo Meloni

La difformità di vedute risale alle nomine.

Altavilla fu chiamato dal premier Mario Draghi per via della sua solida esperienza di manager, tra l’altro nel team di Sergio Marchionne. Il CDA e l’AD, invece, erano stati nominati dal governo Conte-bis. Poiché il 100% del capitale con diritto di voto di ITA è in mano al Tesoro, cosa cambierebbe in assemblea? Teoricamente, nulla. I rappresentanti del Mef sono coloro che hanno ritirato le deleghe al presidente. Tuttavia, da qui all’8 novembre può cambiare molto. Per allora, quasi certamente si sarà insediato il nuovo governo di Giorgia Meloni.

In campagna elettorale, la leader di Fratelli d’Italia si era espressa contro la privatizzazione a favore di Air France. Avrebbe preferito il duo MSC-Lufthansa. Se il prossimo ministro dell’Economia fosse d’indirizzo diverso rispetto a Daniele Franco, un possibile ribaltone in assemblea risulterebbe possibile. A quel punto, però, non solo rischierebbe di saltare la cessione a Certares, ma di fatto ne uscirebbe sfiduciato il CDA. Il Tesoro procederebbe a nominare nuovi consiglieri più vicini alle proprie (nuove) posizioni.

Tutto normale, se non fosse che stiamo parlando di una compagnia tragicamente fallita prima ancora di decollare. L’ex Alitalia non riesce ormai a tornare in utile. Complice il caro carburante, che arriva dopo due anni di chiusure legate alla pandemia, neppure la nuova società si tiene su. Ogni volta che si alza in volo, “brucia” denaro dei contribuenti. Pubblica o privata, la compagnia non regge la concorrenza di chicchessia. E’ il volto più terribilmente rappresentativo di un sistema Italia che non sa uscire dalla crisi e continua a sprofondarvi dopo brevi illusioni. I dirigenti si avvicendano senza lasciare nulla, fuorché debiti. I contribuenti avrebbero diritto una volta per tutte di togliersi dal groppone questo carrozzone infernale.

[email protected]