Ai piani alti di Kollhof-Tower, l’edificio a forma di cuneo che si affaccia su Potsdamer Platz a Berlino, i rappresentanti di Venovia SE e Deutsche Wohnen SE hanno siglato un accordo con cui la prima offre 18 miliardi di euro per scalare la seconda. Nelle ore precedenti alla firma, migliaia di tedeschi avevano sfilato per le strade di Berlino, tra cui proprio sotto la location dell’accordo, contro il caro affitti.

Rolf Buch, CEO di Venovia, ha proposto alla controparte di Deutsche Wohnen, Michael Zahn, l’acquisto delle azioni a 52 euro ciascuna, pari a un premio del 15,6% rispetto al prezzo di chiusura in borsa venerdì scorso.

Inoltre, la società rilevata avrà diritto a percepire un dividendo di 1,03 euro per azione. Sul piano finanziario, l’accordo è fatto. Messe insieme, le due società deterranno 500.000 appartamenti. Venovia ha un respiro internazionale, possedendo immobili non solo in Germania, ma anche in Austria e Svezia. Invece, Deutsche Wohnen è concentrata sul mercato immobiliare tedesco.

Il merger esiterà risparmi per 105 milioni di euro all’anno dalla fine del 2024. Ma i berlinesi non l’hanno presa per niente bene. Lo sanno gli stessi manager delle due società, che prima di firmare hanno sentito il dovere di offrire al sindaco Michael Mueller un accordo apparentemente onorevole: cederanno al Comune 20.000 appartamenti, s’impegneranno a costruirne altri 13.000 e cercheranno di porre un freno al caro affitti. Per i prossimi 3 anni, questi cresceranno solamente dell’1% all’anno e per i successivi 2 saranno adeguati all’inflazione.

Referendum a Berlino contro il caro affitti?

Mueller è esponente della Linke, la formazione più a sinistra della Germania e che ha raccolto l’eredità post-comunista dell’ex DDR. Nel 2019, aveva imposto un “congelamento” dei canoni di locazione in città, ma l’anno scorso è arrivata la doccia fredda della Corte Costituzionale, che ha bocciato il provvedimento. Questa decisione dei giudici ha scaldato ulteriormente gli animi degli inquilini, che hanno subito raccolto 13.000 firme per chiedere all’amministrazione di indire un referendum contro il caro affitti.

Esso prevede l’esproprio degli delle abitazioni in capo alle società immobiliari in possesso di oltre 3.000 appartamenti dietro un indennizzo complessivo di 8 miliardi.

Secondo CityMonitor, il valore degli appartamenti espropriati sarebbe di ben 36 miliardi, ma il gruppo che sta raccogliendo le firme per la petizione sostiene che questi dati siano falsati dalla bolla immobiliare. Serviranno 240 mila firme entro giugno per costringere il sindaco a indire un referendum sul tema a settembre. E stando si sondaggi, vi sarebbero elevate probabilità che la petizione passi. Il caro affitti è un tema molto sentito a Berlino, così come sempre più nel resto della Germania. Nella capitale tedesca, il 75% degli appartamenti è in locazione. Di fatto, l’85% della popolazione vive in affitto, nettamente di più del 50% della media nazionale.

A differenza di quanto avvenga in Italia e in gran parte degli altri stati, il mercato immobiliare tedesco è perlopiù in mano alle grandi società. Deutsche Wohnen è una di queste e nella sola Berlino dispone di oltre 200.000 appartamenti. In tutto, le società private posseggono il 37% delle abitazioni in città, altrettanta è la percentuale in mano a enti pubblici e cooperative comunali. Solamente un quarto è di proprietà di privati individuali, cioè di famiglie. Il problema è il caro affitti in piena corsa nell’ultimo decennio. Negli ultimi 10 anni, stando ai dati di Guthmann Estate, le abitazioni esistenti hanno registrato un boom dei prezzi del 205,5% a una media di 5.140 euro per metro quadrato. Le abitazioni nuove hanno segnato +126,8% a 7.070 euro per metro quadrato.

Carenza di case e boom dei prezzi

Analogo il discorso sul fronte delle locazioni: +37,80% in 5 anni per le prime, +52,70% per le seconde. I prezzi arrivano a 19 euro per metro quadrato. Superfluo dirvi che gli stipendi non abbiano tenuto il passo con questo boom dei prezzi.

Certo, se confrontata con Parigi o Londra, la realtà di Berlino continua ad essere percepita da sogno. Tuttavia, il trend è il medesimo che ha caratterizzato le grandi città europee negli ultimi decenni.

Il caro affitti di Berlino è un problema che scaturisce dalla carenza di offerta. Si stima che servano 205.000 nuovi appartamenti per tenere il passo con la domanda. E se è vero che questa sia stata trainata dall’immigrazione, d’altra parte già nel 2013 si calcolavano in 88.000 appartamenti la minore offerta disponibile. Serve costruire e in fretta. E qui arrivano le grane. Come si combacia questa esigenza con la possibile svolta ambientalista alle prossime elezioni federali? I Verdi sono dati in testa nei sondaggi e quand’anche non riuscissero ad ottenere la cancelleria, è molto probabile che diverranno almeno partner della prossima coalizione di governo.

Le posizioni dei Verdi sono notoriamente critiche verso la cementificazione, sebbene quelli tedeschi abbiano dimostrato negli ultimi anni molto pragmatismo sui temi concreti. Chissà che la soluzione non sia la costruzione di nuovi edifici a basso impatto ambientale e dall’alta efficienza energetica! Questa è stata l’offerta di Venovia alla città di Berlino prima dell’accordo. Le società per prime si rendono conto che l’inazione spingerebbe all’adozione di soluzioni politiche radicali e contrarie al loro business.

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