Il Canale di Suez è bloccato da giorni e probabilmente lo resterà fino a sabato o domenica. Una situazione a dir poco drammatica per il commercio mondiale, dopo che martedì mattina, quando in Italia erano le 6.40, la nave portacontainer Ever Given della compagnia Evergreen Marine Corp è rimasta incagliata a causa di raffiche di vento, che ne hanno provocato il giramento della posizione, ostruendo il passaggio alle altre navi. Da allora, diversi rimorchiatori stanno cercando di girare la nave da 200 mila tonnellate, ma senza speranza.

Sono intervenuti anche gli escavatori per rimuovere la sabbia in cui la prua si è incagliata, ma niente. I lavori dovrebbero essere ripresi stamattina, ma secondo gli esperti sarà necessario verosimilmente attendere fino al fine settimana per riuscire a far ripartire Ever Given, quando la marea raggiungerà il suo picco.

Il Canale di Suez è stato costruito nel 1869 e collega il Mar Mediterraneo a nord con il Mar Rosso a sud. E’ stato sin dall’inizio così strategico sul piano commerciale e geopolitico, che si sono combattute guerre per controllarlo. E l’Egitto incassa parecchi denari grazie alla riscossione dei diritti di passaggio, i quali rappresentano una fonte primaria di entrata per le sue casse statali: 5,61 miliardi di dollari nel 2020, grazie alle 18.829 navi che hanno trasportato complessivamente 1,17 miliardi di tonnellate di merci.

La nave è lunga 400 metri e larga 59, per cui presenta dimensioni obiettivamente enormi per poter essere girata. Quanto al canale, esso è lungo 190 km, ma largo appena 205 metri e profondo fino a un massimo di 24 metri. In effetti, a parte un tratto inaugurato nel 2015, le acque possono essere percorse da una nave alla volta, dato il passaggio molto stretto. E proprio per questo la Ever Given sta ostruendo il canale, impedendo alle ormai decine di altre navi nel frattempo accumulatesi nelle vicinanze di percorrerlo in direzione nord o sud.

Tra queste, vi sarebbero almeno 10 petroliere cariche di 13 milioni di barili di greggio.

 

Danni ingenti, colpito particolarmente il petrolio

Una situazione molto delicata, poiché dal Canale di Suez transita il 12% del traffico commerciale globale. Si stima che quello legato alla sfera occidentale valga qualcosa come 5,1 miliardi di dollari al giorno, mentre quello legato alla sfera orientale del pianeta sui 4,5 miliardi. A conti fatti, quindi, l’ostruzione del passaggio starebbe provocando danni per 400 milioni ogni ora. Considerato che siano trascorsi ben due giorni e mezzo dall’incidente, già potremmo quantificarli in 22-23 miliardi di dollari. Da qui a sabato, poi, raddoppierebbero.

E dire che questo sarebbe il momento peggiore per potersi permettere un contrattempo di questo genere. Il boom dell’e-commerce, legato nell’ultimo anno all’emergenza Covid e ai conseguenti “lockdown” imposti dai governi per frenare i contagi, sta aumentando la domanda di container, tant’è che si teme per l’approvvigionamento di Europa e Regno Unito, visto che buona parte delle merci richieste arrivano dall’Asia. Ma neppure la leggendario SMIT Salvage olandese sta riuscendo a far girare la nave per consentire la ripartita, tanto che si sta considerando l’idea di alleggerirne il carico, a partire dal carburante.

Nella giornata di ieri, si è registrato un interesse crescente per le compagnie petrolifere che effettuano le consegne aggirando il Canale di Suez. Alcune di esse si starebbero già preparando al piano B, vale a dire alla circumnavigazione di tutta l’Africa. Sarebbe costoso e richiederebbe molto tempo.

Non certo un toccasana per una “commodity” già volatile di suo in questo periodo, con le quotazioni del Brent ad avere toccato i 70 dollari al barile due venerdì fa, salvo perdere il 10% nel corso della settimana successiva. Resta da vedere se qualcuno chiederà mai conto alla Evergreen, compagnia di Taiwan che batte bandiera del Panama. L’unica certezza è che anche questo incidente contribuisce a svelare la vulnerabilità della globalizzazione rispetto a fattori che spesso diamo per scontati, come la perfetta capacità fisica delle merci di muoversi da una parte all’altra del mondo, mentre così può non essere.

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