Viaggia attorno alla parità il cambio euro-dollaro nella seduta di oggi, a poco meno di 1,10. Si tratta della stessa soglia superata agli inizi di febbraio, alla vigilia del primo board della Banca Centrale Europea (BCE). Alla fine del settembre scorso, il cross era sprofondato fin sotto 0,96. Da allora, la moneta unica risulta essersi apprezzata del 15%. Un boom che riflette la mutata politica monetaria di Francoforte.

In effetti, quando il cambio euro-dollaro aveva toccato i minimi dal 2002, la Federal Reserve aveva già portato i tassi d’interesse al 3,25%, mentre la BCE solo all’1,25%.

C’era la convinzione, poi, che gli Stati Uniti avrebbero potuto proseguire la stretta con maggiore convinzione dell’Area Euro. Adesso, la situazione sembra essersi ribaltata. Complice la discesa dell’inflazione, la FED avrebbe dinnanzi a sé un altro solo rialzo dello 0,25%. I tassi americani raggiungerebbero l’apice proprio a inizio maggio al 5,25%. Non è finita, invece, per la BCE. Stando alle varie dichiarazioni degli esponenti del board, i tassi nell’Area Euro continueranno a salire dal 3,50% a cui sono stati portati a marzo. Probabile che tocchino il 4%. Il mercato sconta un massimo del 4,25% entro settembre.

Pertanto, la divergenza monetaria tra le due sponde dell’Atlantico sarebbe destinata a ridursi ad appena 100 punti base o 1% entro qualche mese. Ma il cambio euro-dollaro potrebbe apprezzarsi ulteriormente sul dopo stretta. Mentre la FED si attende che possa iniziare a tagliare i tassi entro l’anno, la BCE dovrebbe mantenerli invariati da qui al medio termine. Sempre il mercato sconta tassi FED al 4,75% a dicembre contro il 4,25% dei tassi BCE. In parole povere, appena mezzo punto percentuale separerebbe le prime due banche centrali del pianeta.

Cambio euro-dollaro su con crisi bancaria

Non è detto che le cose vadano esattamente così, ma per il momento sono queste le previsioni degli investitori. L’humus favorevole all’apprezzamento del cambio euro-dollaro si è formato nelle ultime settimane.

L’Area Euro ha superato la crisi bancaria brillantemente, mentre gli Stati Uniti hanno segnalato di non potersi spingere più di tanto nella stretta sui tassi. I rischi non mancano neppure da noi, ad essere sinceri. Ad ogni modo, la resilienza del sistema bancario europeo in questa fase ha offerto la sensazione che la BCE possa aumentare i tassi fin dove lo riterrà opportuno per battere l’inflazione.

Tra l’altro, le prospettive economiche sono relativamente migliorate per l’Area Euro. Dopo avere beneficiato di un inverno più caldo del solito, la crisi energetica sembra avere solamente rallentato la crescita del PIL, non portando quest’ultimo in recessione. Invece, negli Stati Uniti si teme una contrazione da qui al medio termine. Considerate anche che siamo in un anno pre-elettorale. A fine 2024 si vota per le presidenziali americane e il rinnovo di parte del Congresso. Non è dato sbagliare alla FED. Poiché gli elettori scelgono con le tasche, errori di politica monetaria, con rialzi dei tassi che soffochino l’economia americana, non saranno consentiti. Dunque, ci sono maggiori margini di aumento dei tassi d’interesse al momento nell’Area Euro, dove i livelli restano tra l’altro nettamente inferiori.

Il cambio euro-dollaro continua a restare debole. Ricordiamoci che era a 1,20 nell’estate di due anni fa. Semplicemente, dopo avere toccato il fondo sta risalendo, giovandosi di uno scenario relativamente più restrittivo per la BCE. E che non ci sia un particolare rafforzamento della moneta unica, lo segnala anche l’indebolimento medio del dollaro contro le principali valute mondiali negli ultimi sei mesi abbondanti: -11,5%.

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