Sorseggiare una tazzina di caffè la mattina, a casa o al bar, fosse persino dinnanzi allo distributore automatico in ufficio o a scuola, è un rito nazionale che accomuna tutti i campanili d’Italia, dall’estremo Nord alla punta più meridionale. Forse dovremmo inserire un chicco nella nostra bandiera nazionale come simbolo di unità, perché la “sacralità” della bevanda nello Stivale è indiscussa. Eppure lo sapevate che non siamo affatto ai vertici della classifica mondiale e persino europea per consumi di caffè? Ne beviamo la media di 1,6 tazzine a testa, ma a primeggiare è tutto il Nord Europa: 4,4 in Finlandia, 3,2 in Svezia e 2,6 in Norvegia.

Resta il fatto che l’Italia incide per una quota di mercato globale del 3%. Consumiamo, infatti, 312 milioni di kg di caffè per un valore pari a circa 3,6 miliardi di dollari. Quando i bar furono costretti a chiudere per la pandemia, milioni di noi italiani andammo in paranoia. Abituati com’eravamo a prendere il caffè al bancone insieme agli amici o semplici conoscenti, fummo privati di minuti di quotidianità preziosa prima di andare al lavoro o durante la pausa pranzo. Un altro brutto colpo lo accusammo alla riapertura: il caffè al bar era rincarato. In media, lo scorso anno era salito a 1,10 euro, con punte di 1,30 euro a tazzina in qualche città del Nord.

Arabica giù e Robusta su di prezzo

I tempi cambiano, comunque, e anche i consumatori si adeguano. La pandemia impresse un’accelerazione negli acquisti di macchine per caffè, che sono andate a rimpiazzare le storiche caffettiere. Cialde e capsule dilagano nelle case degli italiani. Ad ogni modo, sulla qualità moltissimi di noi non siamo disposti a rinunciare. E qui arriva un’altra brutta sorpresa. L’Arabica nei mesi scorsi ha toccato un record di prezzo da numerosi anni a questa parte. Ieri, si aggirava intorno a 1,87 dollari per libbra, pur in discesa dai massimi di aprile e segnava -13% su base annua.

Esistono due qualità di caffè: Arabica e Robusta. La prima è superiore e anche al gusto risulta più gradevole, essendo i chicchi dolci. I principali produttori sono i paesi sudamericani come Brasile, Colombia, Guatemala e Perù. I chicchi di Robusta sono più amari e la qualità è più scadente, per questo costa meno. In effetti, le piante sono più resistenti e forniscono una maggiore quantità di caffè. Ciononostante, l’Arabica vale il 56% della produzione mondiale. I distributori di caffè sono soliti offrire alla clientela un mix tra le due qualità, così che le confezioni risultino il giusto compromesso tra qualità e prezzo.

Lo stesso accade nei bar. Le tazzine di caffè servite ai clienti sono una combinazione tra Arabica e Robusta. La miscela dipende dal prezzo che s’intende far pagare. Chiaramente, più l’Arabica sale rispetto a Robusta e più la miscela diventa qualitativamente scadente. Viceversa, se i prezzi tra i due chicchi si avvicinano. Nell’ultimo anno, la Robusta è salita del 25% ai 2.550 dollari per tonnellata di ieri. Cos’è successo? Il Vietnam sta registrando un raccolto ai minimi da quattro anni a causa delle piogge abbondanti. Lo stesso dicasi in India e pare anche in Indonesia. Invece, in Brasile il raccolto di Robusta si riduce a causa della siccità.

Caffè al bar più costoso di questo passo

Insomma, i cambiamenti climatici stanno provocando danni anche all’agricoltura. Ma non esiste una penuria di offerta di Robusta. Anzi, nel semestre ottobre-aprile questa è salita del 4% su base annua. Solo che la domanda di caffè nell’ultimo anno si è spostata in misura notevole dall’Arabica alla Robusta. I prezzi della prima sono esplosi del 40-50% rispetto alla media degli anni pre-Covid. Alle prese con l’inflazione a tavola, i consumatori non possono sostenere tutti questi rincari e i distributori sono corsi ai ripari.

La qualità della tazzina è scesa, ma perlomeno l’aumento dei prezzi è stato contenuto.

Se Robusta continuerà a rincarare, il caffè al bar costerà probabilmente di più di qualche centesimo in media. Non dovremmo assistere ai grossi rincari dei mesi passati, trainati dal caro energia. Ma il trend non sembra favorevole ai consumatori. A meno che non si abbiano raccolti abbondanti di Arabica, cosa che ne farebbe scendere ulteriormente i prezzi. In quel caso, il prezzo di una tazzina resterebbe grosso modo invariato e possibilmente salirebbe la qualità media della miscela.

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