Il governo di Temer ovvero del Presidente del Brasile ha dato il via libera alla trivelle nell’area protetta di Renca in Amazzonia. Secondo il premier brasiliano in questo modo l’economia del paese ripartirà ma gli ambientalisti annunciano che invece sarà una catastrofe ambientale.

La Riserva di Renca in Amazzonia

La riserva di Renca è un’enorme area di 46mila chilometri quadrati situata all’estremo Nord del Brasile non lontana dalla foci del Rio delle Amazzoni. L’area è equivalente al Piemonte e alla Lombardia messi assieme e quindi ad un sesto dell’Italia.

Essa è ricca di nichel, oro, ferro e di tanti altri minerali ma nel 1984 l’allora regime militare decise di preservarla e renderla protetta per ragioni di ordine strategico. Dopo trent’anni, però, essa verrà aperta allo sfruttamento minerario e tale misura, a detta del Ministro per l’estrazione e l’energia, punterà a creare dei nuovi posti di lavoro e ad attrarre sempre più investitori in modo tale da rilanciare l’economia del paese. Lo stesso ha poi precisato che nove aree della riserva, tra cui quelle nelle quali abitano ancora le popolazioni indigene, saranno tutelate.

I gruppi ambientalisti insorgono

I gruppi ambientalisti, a seguito di tale decisione, sono però insorti in quanto temono che l’attività di estrazione mineraria nella zona possa portare ad una grande deforestazione, alla perdita della biodiversità, alla distruzione delle risorse idriche, ad esplosioni demografiche e alla creazione di conflitti territoriali. Contro la decisione del presidente si è schierato anche il senatore dell’opposizione Rodrigues che ha definito la cosa come il più grande attacco degli ultimi 50 anni all’Amazzonia.

I dati sull’ambiente: la deforestazione cresciuta del 29%

Secondo i dati riportati dall’Istituto di Ricerca sull’Ambiente Brasiliano, tra agosto 2015 e luglio 2016, sono andati perduti circa ottomila chilometri di foresta amazzonica e nell’arco di soli dodici mesi la deforestazione è cresciuta addirittura del 29%.

Il Governo ha però assicurato che autorizzerà ad operare solo in un’area limitata e che, con l’apertura ai privati, si cercherà di portare maggiore ricchezza nel paese ed estirpare tutta l’attività di estrazione illegale in Amazzonia. Gli ambientalisti però non ci credono in quanto i siti aperti saranno circa ventimila contenuti in quattrocento parchi nazionali. Cosa succederà adesso al più grande polmone verde del Mondo? Si può sacrificare il futuro del pianeta per meri interessi economici di multinazionali senza scrupoli? Leggete anche: Brasile, Lula si ricandida e attacca la riforma delle pensioni.