L’ex ministro delle Finanze, Guido Mantega, è stato arrestato dalla polizia brasiliana, che vogliono interrogarlo per sapere se ci sia lui dietro alle politiche messe in atto negli anni passati nel paese, finalizzate a truccare il bilancio dello stato, attingendo ai conti delle aziende statali. Si tratta delle accuse alla base del processo di impeachment, che proprio questa settimana potrebbe portare alla sostituzione del capo dello stato, Dilma Rousseff, con il suo vice, Michel Temer. Mantega è stato il più longevo ministro delle Finanze dal ritorno del Brasile alla democrazia nel 1985, avendo servito il paese dal 2006 al 2015, a capo delle finanze statali sia nell’era del boom economico, sia in quella del rallentamento.

Nominato nel 2006 alla carica dall’ex presidente Lula, ha continuato a svolgere lo stesso compito anche durante il primo mandato di Rousseff, salvo essere sostituito all’inizio del 2015 da Joaquim Lexy, anch’egli già ministro sotto Lula (2003-006). L’uomo è stato anche a un passo dalla candidatura ufficiale dei paesi emergenti per la direzione generale del Fondo Monetario Internazionale nel 2011.

Impeachment Brasile inizia a giorni

Tutto lascia presagire che le cose finiscano nel peggiore dei modi per la presidente in carica, che questa settimana si trova ad affrontare un difficilissimo voto al Senato sull’impeachment, il quale ormai è atteso quasi scontato. Nel caso ciò accada, i poteri vengono trasferiti in capo al vice-presidente per un periodo massimo di sei mesi, il tempo necessario per dare vita al processo contro la Rousseff. Tuttavia, è molto difficile che questa riesca eventualmente a reinsediarsi alla carica. Salvo sorprese, entro la fine di questa settimana finirà l’era Rousseff e si aprirà la strada a elezioni anticipate, magari in autunno. Il primo obiettivo di Temer sarà il recupero della fiducia dei mercati. Per questo, tutta la squadra economica della presidente uscente dovrebbe essere sostituita con volti più “market-friendly”.

Per il ruolo di ministro delle Finanze si fa il nome di Henrique Mereilles, ex governatore centrale, mentre il capo economista di Itau, Ilan Goldfajn, dovrebbe andare a capo della banca centrale, al posto di Alexandre Tombini.      

Mercati sfiduciati, ma guardano con speranza all’impeachment

Non sarà facile convincere gli investitori di tornare a puntare sul Brasile, anche se in attesa dell’impeachment, il picco della sfiducia sembra essere stato superato. Quest’oggi, però, essendo entrati nella settimana decisiva per la politica brasiliana, i mercati appaiono in fibrillazione. La Borsa di San Paolo perde intorno all’1,75%, mentre il real si deprezza contro il dollaro dello 0,63%, salendo a un cambio di 3,5266. E i rendimenti sovrani sono in lieve risalita al 12,77% per la scadenza decennale (+12 bp) e per al 12,89% per quella biennale (+6,5 bp). Il bilancio del 2016 ad oggi resta, in ogni caso positivo: dall’inizio dell’anno, l’indice Ibovespa ha guadagnato oltre il 17%, mentre il real si è rafforzato dell’11% e i rendimenti a 2 anni sono diminuiti di 364 bp, quelli a 10 anni di 375 bp.

Inflazione Brasile tiene tassi elevati

Chiunque arrivi alla guida della banca centrale si troverà nella difficile situazione di dovere fare fronte alla più grave recessione economica da oltre un secolo e allo stesso tempo di dovere rallentare il tasso d’inflazione, che in aprile è tornato ad accelerare su base mensile, anche se nei 12 mesi si è avuta una decelerazione al 9,3%. La stretta monetaria non potrà essere accantonata, ma semmai appena limata, anche perché il cambio ha perso più del 37% negli ultimi due anni, di fatto alimentando la crescita dei prezzi interni e rendendo necessari aumenti costanti dei tassi, saliti all’attuale 14,25%. Gli analisti si attendono, però, che nell’ultima parte dell’anno, la banca centrale inizi a tagliare il Selic, in modo da sostenere l’economia, approfittando di questa finestra di fiducia apparente.