Buste paga e pensioni più pesanti a giugno o luglio. Appena sarà tecnicamente possibile, il governo erogherà un bonus di 200 euro una tantum a tutti i lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati con redditi annuali fino a 35.000 euro. La misura varata dal Consiglio dei ministri di questa settimana vuole alleviare parte del carovita accusato dalle famiglie con le bollette alle stelle e i prezzi di numerosi beni di consumo e servizi in continuo aumento. I beneficiari saranno 28 milioni, praticamente quasi un italiano su due residente nello Stivale.

Il costo totale dell’iniziativa è, quindi, di circa 5,6 miliardi di euro. In sé, il provvedimento è apprezzabilissimo, perché cerca di dare potere d’acquisto alle famiglie. Il tetto al reddito non è altissimo, ma neppure assai basso.

Bonus 200 ai pensionati un nonsenso

Tuttavia, il bonus 200 euro ai pensionati è corretto fino a un certo punto sul piano dell’equità sociale. Se esso punta ad allenire gli effetti dell’inflazione, è sui redditi da lavoro che bisognerebbe agire. L’ISTAT ha appena detto che nel primo trimestre le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono cresciute dello 0,8% in media, cioè ben sotto l’inflazione. Questa era al 6,4% in aprile. Dunque, sono i lavoratori che stanno perdendo potere d’acquisto. Anche gli autonomi soffrono, dato che i rincari sono patiti dalle stesse imprese per gli aumentati costi di produzione.

I pensionati per loro fortuna hanno gli assegni già per legge indicizzati all’inflazione. Certo, ciò avviene con un anno di ritardo, ma non vi è dubbio che dal prossimo mese di gennaio essi otterranno i dovuti aumenti sulla base dell’indice FOI dell’ISTAT, cioè dell’aumento del costo della vita. A questo punto, essi si ritroveranno a percepire sia il bonus 200 euro di quest’anno, sia gli aumenti del prossimo. In pratica, con l’inflazione alta ci guadagneranno pure.

Crescono le disparità tra pensionati e lavoratori

Attenzione, nessuno vuole fare demagogia affermando che i pensionati siano una categoria di privilegiati.

Sappiamo che molti di essi posseggono assegni così bassi, da risultare insufficienti per vivere dignitosamente. Stiamo notando, tuttavia, la disparità di trattamento tra generazioni. E non è un fatto nuovo. Secondo i dati della stessa Banca d’Italia, alla fine degli anni Novanta i patrimoni delle giovani famiglie erano di poco superiori ai patrimoni medi degli anziani. Nel 2016, i patrimoni degli anziani risultavano in media 12 volte più alti di quelli dei giovani. In meno di un ventennio, si è registrato uno scombussolamento allarmante del quadro socio-economico.

Perché ciò sia accaduto è facile comprenderlo. Mentre i redditi reali degli italiani negli ultimi 30 anni sono, addirittura, diminuiti – caso unico nell’area OCSE – le pensioni sono cresciute in linea con l’inflazione. I pensionati hanno aumentato i loro redditi, i lavoratori li hanno visti diminuire. Non sarà certo il bonus 200 euro in sé ad accrescere le disuguaglianze, ma di certo non le ripiana. Soprattutto, è l’ennesima misura emergenziale che perde di vista le riforme necessarie per invertire la tendenza al declino dell’economia italiana. Decine di miliardi spesi in due anni, quando ne sarebbero bastati di meno per intervenire a sostegno del potere d’acquisto. Ma sarebbero servite le famose coperture, cioè i tagli alla spesa. E nemmeno Mario Draghi si è rivelato capace di abbatterla.

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