La Banca Centrale Europea (BCE) continuerà ad alzare i tassi d’interesse, ma ad un ritmo inferiore a quello visto agli ultimo board. È quanto è emerso esplicitamente dopo l’intervista di ieri rilasciata dal capo-economista Philip Lane, consigliere esecutivo di nazionalità irlandese. L’uomo ha chiarito che il rialzo dei tassi nell’ordine dello 0,75% non sia più all’ordine del giorno. Il banchiere ha evidenziato come i meccanismi di trasmissione della politica monetaria vadano a rilento, per cui abbiano bisogno di tempo per dispiegare i loro effetti.

Un modo per dire che vedremo l’efficacia della stretta monetaria fin qui adottata più in là e, quindi, ci sia il rischio di strafare (“overshooting”). D’altra parte, ha spiegato, maggiore il lavoro fin qui svolto, minore ne resta da fare per il futuro.

La BCE ha provveduto al rialzo dei tassi sin dal mese di giugno, quando ha portato il saggio di riferimento da 0 a 0,50%. All’ultimo board di ottobre, saliva al 2%. Ha anche rivisto in peggio le condizioni annesse ai prestiti erogati alle banche europee tramite le aste T-Ltro. Inoltre, ha adombrato la prospettiva della cessazione dei riacquisti dei bond con il “quantitative easing” a partire dai prossimi mesi. Gli acquisti netti erano cessati, invece, dalla fine di giugno.

A dare manforte a un rialzo dei tassi BCE meno accentuato è stata anche la pubblicazione di ieri del dato sui prezzi alla produzione in Germania. Nel mese di ottobre risultano aumentati su base annua del 34,5%, un ritmo ancora certamente notevole. Ma nel mese di settembre la crescita tendenziale era stata del 45,8%. Tra settembre e ottobre, poi, l’indice dei prezzi è sceso del 4,2%. Si è trattato del primo caso da maggio 2020, cioè da quasi due anni e mezzo.

Rialzo dei tassi meno duro, ma stretta per ora resta

Il dato tedesco sembra andare nella direzione di prospettare un rallentamento dell’inflazione in Germania già in corso.

In sintesi, il picco dell’inflazione nell’Area Euro sarebbe stato superato. Dovremmo attenderci una crescita dei prezzi al consumo meno vigorosa nei prossimi mesi, ergo un rialzo dei tassi anch’esso meno accentuato. Per non parlare del calo delle materie prime, con il gas tornato ai livelli di metà giugno e il petrolio sotto 90 dollari e ai minimi da fine settembre.

Lo stesso Lane ha avvertito, comunque, che di sospendere il rialzo dei tassi non è arrivato il momento. Ha lasciato intendere che l’approccio della BCE sarebbe semmai di procedere di board in board con aumenti del costo del denaro sempre più piccoli finché non disporrà di previsioni a medio termine rassicuranti sull’inflazione. Anche perché, ha continuato, i salari nominali cresceranno a ritmi “superiori al normale” per “diversi anni”.

A tale proposito, il potente sindacato dei metalmeccanici tedesco Ig Metall ha strappato rinnovi contrattuali del 5,2% per il 2023 e del 3,3% per il 2024. Ne beneficeranno 2,3 milioni di lavoratori. Il “surriscaldamento” delle aspettative d’inflazione non può che destare preoccupazioni alla BCE, dove in questi mesi si farà di tutto per “raggelarle”, costasse anche una recessione moderata dell’economia europea. Ma i toni da “falco” delle scorse settimane stanno rientrando. E il mercato già stima un apice dei tassi intorno al 3% tra la metà dell’anno prossimo e il mese di settembre.

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