L’aumento dei tassi d’interesse proseguirà e non si può tornare indietro sull’azzeramento dei riacquisti di bond a partire da luglio. La Banca Centrale Europea (BCE) non lascia spazio al dubbio quando segnala che l’inflazione nell’Area Euro resta elevata e ci sarà bisogno di andare avanti con la stretta monetaria. Sebbene il grosso sia fatto, come ha dichiarato espressamente il numero due dell’istituto, Luis de Guindos, i tassi saliranno verosimilmente di un altro mezzo punto percentuale.

E tutto sommato, le economie europee stanno reagendo bene, tanto che la Commissione europea ha alzato le stime di crescita del PIL italiano.

Liquidità banche nel mirino

Ma non c’è neanche dubbio circa gli effetti negativi che la stretta della BCE stia avendo sui titoli di stato più deboli. Lo spread in Italia resta a livelli non di allarme, è sceso dai picchi dei 250 punti toccati nell’autunno scorso. Ma analisti come Goldman Sachs prevedono un suo aumento a 235 punti entro l’anno, mentre Moody’s, che pure ha rinviato il suo giudizio venerdì scorso, ha minacciato di questo passo di declassare il rating italiano a “junk”, cioè a “spazzatura”.

Dunque, la BCE si trova dinnanzi a una scelta difficile: combattere l’inflazione o salvaguardare la stabilità finanziaria dell’area. Un “trade-off” che rende più complicati i piani all’Eurotower. Eppure una soluzione “tecnica” sembra sia stata prospettata nei giorni scorsi. Bloomberg ha riportato alcune indiscrezioni trapelate da Francoforte, in base alle quali le banche nell’Eurozona saranno sottoposte a più stretta vigilanza circa i loro indici di liquidità. La crisi bancaria negli Stati Uniti avrebbe acceso i fari sui rischi legati al rialzo dei tassi per gli istituti di credito che hanno all’attivo asset molto svalutati a seguito della stretta.

BCE tra lotta all’inflazione e tutela della stabilità finanziaria

All’apparenza si tratterebbe di un’ennesima misura restrittiva.

E fondamentalmente lo è. Se imponi ad una banca di aumentare la liquidità a breve termine, la induci a ridurre il credito all’economia. Per questa via, la BCE intende ottenere due piccioni con una fava: abbassare i rischi e accelerare la discesa dell’inflazione. E i titoli di stato? Quelli a breve scadenza sono assimilabili al denaro contante, per cui rientrano a tutti gli effetti nel computo della liquidità bancaria. Con questo stratagemma, Francoforte vorrebbe da un lato disfarsi dei bond in portafoglio, dall’altro incentivare le banche commerciali a comprare le scadenze più brevi.

La maggiore domanda di BoT, per intenderci, finirebbe per abbassare i rendimenti sul tratto medio-breve della curva e, come in un moto ondulatorio, a propagare il beneficio sul tratto medio-lungo. La BCE finirebbe così per combattere l’inflazione senza gravare eccessivamente sui bilanci statali. Verrebbero meno le riserve dei tedeschi, che da anni prendono di mira il “doop-loop”, il legame eccessivo tra banche e governi. In effetti, oggetto degli acquisti sarebbero i titoli a breve scadenza, che dopo un anno o poco più uscirebbero dai portafogli. Per allora il rialzo dei tassi sarà stato completato, anzi vi sarebbe in corso un possibile taglio. Questa carta sarebbe assorbita dalla maggiore domanda degli altri investitori istituzionali. Perlomeno questi sarebbero i piani. La realtà non è detto che si conformerà ai desiderata della BCE.

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