Il costo della vita continua a lievitare. Malgrado il tasso d’inflazione a luglio in Italia sia leggermente sceso da 8% a 7,9%, il cosiddetto “carrello della spesa” ha accelerato a +9,1%. E’ il dato maggiore dal 1984. Significa che i prezzi dei prodotti di largo consumo tra le famiglie italiane stanno correndo, mentre i redditi restano sostanzialmente fermi. Ed è per cercare di dare un minimo di sollievo al potere di acquisto che il governo oggi punta con il decreto Aiuti-bis ad anticipare l’aumento delle pensioni al mese di ottobre.

Inflazione su, accelera perdita potere di acquisto

La rivalutazione degli assegni avviene annualmente a partire di gennaio sulla base del tasso d’inflazione nell’anno precedente. Per il 2022 era stato previsto un aumento delle pensioni dell’1,7% fino a quattro volte il trattamento minimo, dell’1,53% tra quattro e cinque volte, dell’1,275% per gli assegni sopra cinque volte il trattamento minimo. Tuttavia, a consuntivo il tasso d’inflazione nel 2021 è risultato essere dell’1,9%. Ci sarà da recuperare quella differenza dello 0,2% da gennaio, ma il problema vero è un altro: i prezzi al consumo quest’anno sono esplosi.

Stando alle indiscrezioni, il governo vorrebbe procedere con un aumento delle pensioni legato all’inflazione nel primo semestre. I dati ISTAT ci dicono che tra la fine del 2021 e il 30 giugno scorso, l’inflazione italiana è stata del 5,37%. In teoria, gli assegni dovrebbero salire da ottobre a dicembre di tale percentuale. Il costo lordo della misura, però, sarebbe eccessivo: circa 4 miliardi di euro. Si apprende, invece, che a disposizione vi sarebbe meno di 1 miliardo. Questo lascia propendere per una qualche soluzione meno generosa per i pensionati.

Aumento pensioni, simulazione rivalutazione assegni

Una ipotesi sarebbe che l’aumento delle pensioni sarebbe anticipato solamente fino a una certa soglia di reddito. Ad esempio, il bonus di 200 euro è stato elargito a tutti i lavoratori dipendenti, autonomi e pensionati fino a 35.000 euro di reddito lordo anno.

Probabile, però, che tale soglia verrebbe ulteriormente abbassata per contenere al minimo le risorse necessarie a sostenere il potere di acquisto, concentrandole sui redditi più bassi.

In ogni caso, da gennaio ci sarà la rivalutazione piena sulla base dell’inflazione nell’intero 2022. E l’aumento delle pensioni sfiorerebbe, stando ai dati di questi mesi, i 20 miliardi di euro. Invece, se negli ultimi tre mesi di quest’anno ci fosse un adeguamento pieno all’inflazione del primo semestre (senza arretrati per i mesi di luglio, agosto e settembre), un assegno di 1.000 euro al mese salirebbe di 54 euro, cioè di 162 euro nell’intero trimestre. Un assegno di 2.500 euro al mese, invece, salirebbe di 132 euro al mese, quasi 400 euro lordi in tre mesi. E così via. Per quanto spiegato, difficile che la rivalutazione avvenga in questa misura e per tutti. Più facile che siano introdotti parametri ad hoc per mitigare l’impatto a carico dell’INPS e concentrare gli aiuti a favore degli assegni più bassi.

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