“Vicino, ma di poco inferiore al 2%”. Dal 2003, è il mantra con cui la BCE delinea la stabilità dei prezzi nell’Eurozona. L’istituto si pone come unico obiettivo formale per la sua politica monetaria di perseguire un tasso d’inflazione nel medio periodo di poco inferiore al 2%. E’ dagli inizi del 2013 che non riesce a centrarlo. Complice l’emergenza Covid, in agosto i prezzi al consumo nell’area sono scesi dello 0,2% su base annua. In Italia, a settembre hanno registrato il quinto calo annuale consecutivo.

Di fatto, la principale minaccia per Francoforte in questa fase si chiama deflazione.

La Federal Reserve ha annunciato in agosto che perseguirà un’inflazione superiore al 2% e che terrà i tassi azzerati “almeno fino al 2023”. L’altro ieri, il governatore Christine Lagarde ha reagito comunicando l’intenzione di avviare una revisione del target, in quanto non più adeguato ai tempi e ammettendo che la preoccupazione attuale riguarda la bassa inflazione.

Il tema si era presentato già mesi prima che esplodesse l’emergenza Covid, semmai la crisi sanitaria ed economica sta rendendo più urgente una risposta dell’Eurotower, specie dopo il passo compiuto dalla Fed. Dietro alla revisione si celerebbe l’intenzione di Lagarde e di parte consistente del board di estendere temporalmente e potenziare nell’entità gli stimoli monetari, così da evitare di doverli tagliare alla minima risalita dell’inflazione verso la soglia del 2%.

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I rischi della revisione

Ai mercati verrebbe segnalato, quindi, che i tassi non saranno rialzati e gli acquisti di assets non cesseranno con il surriscaldamento dei prezzi. Sarà necessario che questi crescano decisamente e per un lasso di tempo non breve sopra quello che è attualmente l’obiettivo dichiarato. In tal senso da anni si esprime Paul Krugman, Nobel per l’Economia, secondo cui le banche centrali dovrebbero alzare i target d’inflazione per rivelarsi più efficaci.

Sarà, ma vi pare credibile una banca centrale che alza l’asticella, quando da anni non riesce a centrare un obiettivo più alla portata? Sarebbe come se un atleta decidesse di saltare due metri in altezza, nonostante non sia mai riuscito a superare un metro. Le aspettative d’inflazione rischiano di essere disancorate per la scarsa credibilità che l’istituto riscuoterebbe sul mercato tra gli agenti economici. Il rischio opposto consiste nel surriscaldare troppo i prezzi, perdendo il controllo della loro stabilità e venendo costretti successivamente a riparare con repentini rialzi dei tassi e riduzioni degli acquisti, insomma con una stretta monetaria vigorosa dall’impatto terribile sull’economia.

Sul target, Lagarde pretende sin dal suo insediamento maggiore flessibilità. In fondo, questo è il suo vero scopo, ovvero di avere mani più libere sui programmi monetari come il QE e il PEPP e sui tassi, fissando un obiettivo più sfumato e meno rigoroso. La Fed le ha offerto l’occasione storica per cambiarlo senza troppe giustificazioni, in quanto tassi reali americani più bassi indebolirebbero il dollaro contro l’euro e colpirebbero le esportazioni dell’Eurozona, spingendola ancora di più nella deflazione, rischio contro cui nessuno nel board potrebbe rimanere inerte. Il fronte del nord a guida tedesca pretenderà una revisione che non travalichi alcuni punti fermi, quali la durata e l’entità dell’“overshooting”. A Francoforte, tutti hanno chiaro che l’annuncio della Lagarde punta a sostenere i bilanci dei governi del Sud Europa, Francia inclusa, ancora per parecchi anni.

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