Il capitolo delle elezioni amministrative è stato quasi del tutto archiviato. Restano i ballottaggi in Sicilia e Sardegna, ma il grosso è fatto. E la premier Giorgia Meloni esce trionfante dal voto. Il suo centro-destra ha ottenuto risultati migliori delle più rosee previsioni e conquistato una roccaforte “rossa” come Ancona. I primi mesi di governo non sono stati così difficili come si temeva. I mercati finanziari hanno reagito bene ai primi passi dell’esecutivo e apprezzato la prudenza fiscale. L’economia italiana, che si temeva potesse entrare in recessione con il caro bollette, ora guida la classifica europea della crescita.

Verso intesa popolari-conservatori

Restano solo le tensioni con la Francia di Emmanuel Macron, ma d’altra parte gli eventi politici nel Vecchio Continente stanno andando nella direzione auspicata da Palazzo Chigi. Il centro-destra spagnolo ha stravinto alle elezioni regionali, spingendo il premier socialista Pedro Sanchez ad anticipare le elezioni politiche al 23 luglio. Se, come segnalano i sondaggi, vincerà lo schieramento formato tra Partito Popolare e Vox – quest’ultimo appartenente allo stesso gruppo europeo di Fratelli d’Italia – Roma avrà un nuovo alleato in Europa. E Meloni lavora da tempo al tema delle future alleanze a Bruxelles.

A giorni dovrebbe tornare a Roma il capogruppo del PPE, il tedesco Manfred Weber che tesse la tela delle alleanze con ECR, il gruppo conservatore di cui la nostra premier è leader. L’obiettivo comune dei due è di creare una maggioranza di centro-destra dopo le elezioni europee del prossimo anno. Il PPE mollerebbe i socialisti di S&D, in caduta verticale nei consensi, per spostarsi a destra. Sarebbe non solo un’alleanza più congeniale sul piano dei programmi e valori comuni, ma anche per la salvaguardia di svariati interessi nazionali ed economici.

Meloni punta a cambio di governace europea

Se il piano riuscisse, Meloni tratterebbe alla pari con Francia e Germania.

Anzi, sarebbe il cancelliere Olaf Scholz a rischiare di rimanere senza riferimenti nella Commissione europea. L’obiettivo di un cambio di governance conviene certamente a Roma. In primis, c’è il tema dei migranti a stare a cuore al governo italiano. I socialisti ad oggi si mettono di traverso rispetto ad ogni ipotesi di impedire le partenze dal Nord Africa. Weber offre una soluzione simile a quella escogitata con la Turchia per fare da tappo alla rotta ad Est. Vorrebbe finanziare la Tunisia per controllare i flussi ed evitare tragedie in mare verso le coste siciliane.

Poi c’è il capitolo non meno importante della transizione “green”. Nessuno mette in dubbio la lotta all’inquinamento, solo che la sinistra non si mostra pragmatica. Un esempio è dato dal divieto preteso alle vendite di auto con motore a combustione dal 2035. Puntare soltanto sull’auto elettrica è un errore da svariati punti di vista. Significa dipendere dalle materie prime in Cina e minacciare centinaia di migliaia di posti di lavoro nel Vecchio Continente, specie in Germania, Francia e Italia. E la riduzione delle emissioni di CO2 sarebbe risibile sul piano globale. L’eventuale maggioranza PPE-ECR avrebbe minore furore ideologico sul punto, aprendo un dibattito più costruttivo e pragmatico.

Patto di stabilità e PNRR cruciali per l’Italia

E c’è la questione spinosa dei conti pubblici. I conservatori sono certamente più rigidi dei socialisti circa la necessità di implementare politiche di austerità fiscale, specie nei paesi con debiti elevati. Ma l’Italia sarebbe a capo di questo processo decisionale, non lo subirebbe più passivamente. Al governo Meloni interessano essenzialmente due cose: che sul PNRR Bruxelles conceda la flessibilità necessaria per garantire tempi e modi di realizzare le risorse legate all’ottenimento dei fondi e che il nuovo Patto di stabilità sia applicato con metro di giudizio non ragionieristico, bensì valutando le misure complessive del Bel Paese per cercare di rilanciare la crescita economica.

Questa sarebbe alla fin fine l’unica strategia capace di tagliare in misura consistente il rapporto debito/PIL.

La strada per le elezioni europee è lunga. Già sarebbe importante arrivarci con un fronte del Mediterraneo più unito di quanto non lo sia stato nei mesi passati. Una convergenza tra Roma e Madrid aumenterebbe il peso negoziale dei due paesi su tutti i temi in agenda. A Meloni interessa che dal voto tra un anno ottenga quel posto a tavola da comprimario che spetta al leader di un grande paese europeo, per giunta fondatore dell’Unione Europea. E per arrivarci sarà forse necessario stringere un accordo anche con i liberali di Renew Europe di Macron. I rapporti tra i due sono già meno burrascosi di quelli tra i rispettivi governi.

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